Dovrà passare da una decisione nelle Aule parlamentari l’eventuale decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore. Se la Cassazione confermera’ la condanna per evasione fiscale e l’interdizione dai pubblici uffici, la perdita dei diritti politici diventera’ effettiva, ma il leader del Pdl non dovra’ lasciare automaticamente lo scranno: prima la Giunta per le elezioni e poi l’Aula dovranno dire l’ultima parola. E’ la Costituzione a stabilirlo, all’articolo 66: ciascuna Camera giudica ”le cause sopraggiunte di ineleggibilita”’ dei suoi componenti. Con l’interdizione dai pubblici uffici, Berlusconi perderebbe l’elettorato attivo e passivo: non potrebbe piu’ votare ne’ candidarsi. Ma se potra’ continuare a sedere in Parlamento da qui alle prossime elezioni dovra’ deciderlo la Giunta per le elezioni e per le immunita’ del Senato, con un vero e proprio ‘processo’, con tanto di contraddittorio, udienza pubblica e presenza degli avvocati. Al suo termine, la Giunta (composta da 8 senatori Pd, 6 Pdl, 4 M5S e uno ciascuno per Sc, Gal, Sel, Lega e Psi) si riunira’ in Camera di consiglio e decidera’ se proporre all’Assemblea la decadenza di Berlusconi dalla sua carica. Su questa proposta, in base all’articolo 135 ter del regolamento del Senato, ci sara’ una discussione in Aula, ma non necessariamente un voto. Il ‘verdetto’ della Giunta si intendera’ infatti accolto, a meno che 20 senatori non presentino un ordine del giorno in dissenso e chiedano che su esso si pronunci l’aula. A quel punto ci sarebbe la ‘resa dei conti’ nell’assemblea di Palazzo Madama, a scrutinio segreto. Fin qui la procedura. Nella pratica i precedenti non sono molti.
Al Senato e’ del 2011 il caso di Toto’ Cuffaro, condannato in via definitiva dalla Cassazione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma in quel caso non ci fu bisogno del ‘processo’ da parte dei colleghi, perche’ Cuffaro si dimise subito. Alla Camera, invece, e’ del 2010 la vicenda di Giuseppe Drago, interdetto temporaneamente e dichiarato decaduto dalla Giunta a distanza di un anno dal verdetto dei giudici. Drago si dimise prima che in Aula si potesse votare la decadenza, come aveva gia’ fatto nel 1993 il verde Federico Crippa. E come fece anche Cesare Previti, nel 2007: anche per l’ex avvocato di Berlusconi, colpito da interdizione perpetua, la Giunta della Camera propose la decadenza, al termine di una lunga e tormentata discussione. Lui aspetto’ fino all’ultimo momento utile. Poi, per evitare il voto sulla decadenza, rassegno’ le dimissioni con una missiva letta in Aula dall’allora capogruppo di Forza Italia Elio Vito: Previti non poteva essere presente di persona perche’ si trovava agli arresti domiciliari. Quel giorno Berlusconi, riferiscono le cronache, non era presente. Domani sera, intanto, si riunira’ l’ufficio di presidenza della Giunta per le Elezioni e Immunita’ per fare il punto sulla procedura da seguire per la vicenda dell’ineleggibilita’ di Silvio Berlusconi.
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