Ancora un Natale di sangue per i cristiani della Nigeria, con il colpo più feroce inferto alla 7.50 del 25 dicembre, a Madalla, dove, nella chiesa di S. Teresa, dopo “l’andate in pace” pronunciato da padre Christoper Barade Jatau, una Mercedes scura con a bordo tre uomini ha cercato di superare un posto di blocco della polizia accanto alla chiesa ed un attentatore si è fatto saltare in aria, causando un autentico massacro, con almeno 35 morti e 50 feriti, di cui numerosi in gravi condizioni. Un altro morto si è registrato a Jos, capoluogo dello stato di Plateau, nel centro della Nigeria martoriato da oltre dieci anni da sanguinosi scontri tra etnie diverse e tra la comunità musulmana e cristiana. Nel nord-est del Paese, sempre il giorno di Natale, i morti sono stati quattro, da sommare alle 70 vittime dei giorni immediatamente precedenti, di cui una sessantina provocati dall’azione repressiva dell’esercito locale in risposta ad alcuni attentati rivendicati, come quello di Madalla, da Boko Haram, gruppo terroristico di matrice islamica che ufficialmente rivendica l’estensione a tutta la nazione della sharia, attualmente in vigore, seppure in modo blando, in 12 dei 36 stati confederati che compongono la Repubblica federale. Tre attentati coordinati rivendicati dal gruppo estremista islamico Boko Haram, fondato dall’imam Mohammed Yusuf nel 2002 nel nord-est della Nigeria, a Maiduguri, capoluogo di Borno, dove la setta ha ancora le principali roccaforti e fa i maggiori proseliti. "Siamo noi i responsabili di tutti gli attacchi dei giorni scorsi e compreso quello contro la chiesa di Madalla, continueremo a lanciare simili attacchi nel nord del Paese nei prossimi giorni", ha detto al telefono con l’Afp un uomo affermando di parlare a nome del gruppo islamico.
La Santa Sede ha immediatamente condannato gli attentati, definendoli "la manifestazione ancora una volta della crudeltà di un odio cieco e assurdo che non ha alcun rispetto per la vita umana e cerca di suscitare e alimentare altro odio e confusione". E il portavoce vaticano, padre Federico Lombardih ha testimoniato la vicinanza della Santa Sede "alla sofferenza della Chiesa e di tutto il popolo nigeriano, così provati dalla violenza terroristica anche in questi giorni che dovrebbero essere di gioia e di pace". E ieri, giorno del protomartire cristiano S. Stefano, nella sua riflessione dell’Angelus, Benedetto XVI ha espresso “profonda tristezza” per gli attentati alle chiese in Nigeria e ha fatto appello affinchè “si fermino le mani dei violenti”, poiché, ha aggiunto il Pontefice , “la violenza è una via che conduce solamente al dolore, alla distruzione e alla morte”. La Nigeria è solo l’ultimo teatro di morte e persecuzione per i cristiani nel mondo, un mondo in cui tre su quattro perseguitati per motivi di fede sono appunto cristiani.
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