Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, in una nota si dice “in completo disaccordo” con le dichiarazioni di Dario Stefano, presidente della Giunta in Senato, il quale “sostiene l’impossibilita’ della candidatura di Silvio Berlusconi a future elezioni politiche”; ma il leghista non è d’accordo nemmeno con il presidente Nitto Francesco Palma “quando afferma che sull’ammissibilita’ della candidatura di Berlusconi giudicherebbe la Corte d’Appello e, nel caso di ricorso, il Tar”. Spiega Calderoli: tutte le leggi del governo Monti “sono solo leggi manifesto incomplete”, compresa la Legge Severino, secondo il leghista. “Nel vuoto della Legge Severino vale solo l’articolo 66 della Costituzione, che attribuisce a ciascuna Camera il giudizio sui titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità".
Dunque, “se dovessimo tornare al voto prima del pronunciamento del Senato, Silvio Berlusconi potrebbe candidarsi sia alla Camera che al Senato della Repubblica. Se invece si dovesse tornare al voto dopo che il Senato abbia dichiarato la sua decadenza, Berlusconi potra’ legittimamente candidarsi a deputato e solo la Camera successivamente potra’ giudicare sulla sua ammissione, ovvero sulla sua ineleggibilità o incompatibilità. La Legge Severino e’ quindi un falso problema, visto che comunque Berlusconi puo’ fare sia il candidato che il premier. Il vero problema sarebbe invece una sua interdizione dai pubblici uffici passata in giudicato dalla Corte d’Appello e da un eventuale ricorso in Cassazione. Per evitare tutti questi problemi non c’e’ che una soluzione: tornare subito alle urne per ridare la parola al popolo e far decidere ai cittadini chi deve governare il Paese. Il Nord ha già deciso".
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