L’Italicum approda nell’Aula della Camera. Matteo Renzi in una lettera inviata ai circoli Pd spiega che la legge elettorale "è decisiva non solo perché è una legge seria, ma anche perché non approvare la legge elettorale adesso significherebbe bloccare il cammino di riforme di questa legislatura. E significherebbe dire che il Pd non è la forza che cambia il Paese, ma il partito che blocca il cambiamento".
Una legge "modellata sulla base dell’esperienza dei sindaci" in cui "chi vince governa per cinque anni. È previsto il ballottaggio. Il premio è alla lista per evitare che i partiti più piccoli possano dividersi dal giorno dopo le elezioni e mettere veti. Circa la metà dei seggi viene attribuita a candidati espressione del collegio (candidato di collegio, non più liste bloccate come nel porcellum) e l’altra metà con preferenze (massimo due, una donna e un uomo). Si può sempre fare meglio, per carità. Ma questa legge rottama il Porcellum delle chilometriche liste bloccate con candidati sconosciuti e il Consultellum che tanto assomiglia al proporzionale puro della prima repubblica, imponendo inciuci e larghe intese".
Ma aspetti tecnici a parte, Renzi spiega l’importanza politica dell’Italicum, attaccando anche la propria stessa minoranza: "Questa legge l’ha voluta il PD. L’abbiamo definita una urgenza e ora dovremmo fermarci? Vi domando: davvero è dittatura quella di chi chiede di rispettare il volere della stragrande maggioranza dei nostri iscritti, dei nostri parlamentari, del nostro gruppo dirigente? Davvero è così assurdo chiedere che dopo 14 mesi di dialogo parlamentare si possa finalmente chiudere questa legge di cui tutti conosciamo il valore politico? Davvero vi sembra logico che dopo tutta questa trafila ci dobbiamo fermare perché una parte della minoranza non vuole?".
E siccome "se questa legge elettorale non passa è l’idea stessa di Partito Democratico come motore del cambiamento dell’Italia che viene meno", ecco che "nel voto di queste ore c’è in ballo anche e soprattutto la dignità del nostro partito".
BATTAGLIA IN AULA In aula però è subito battaglia, giocata a colpi di pregiudiziali di costituzionalità al testo, presentate da tutte le opposizioni, e di emendamenti, un centinaio circa: addirittura, sono tre le pregiudiziali di costituzionalità presentate da Forza Italia (su due delle quali sarà chiesto il voto segreto): "Avevamo sperato in un finale diverso – spiega Maria Stella Gelmini – non avremmo mai voluto trovarci qui a denunciare la triste conclusione di un cammino di riforma elettorale nel quale avevamo profondamente creduto e che pensavamo dovesse rappresentare un segno decisivo sul cammino della pacificazione nazionale".
Ai forzisti risponde il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi: "Io capisco che Forza Italia possa avere cambiato idea, ma noi no: non possiamo pensare che una legge elettorale diventi anticostituzionale solo perché abbiamo eletto Mattarella alla presidenza della Repubblica. La coerenza non è un optional, quindi va bene cambiare idea ma noi andiamo avanti con la nostra".
La battaglia, dunque, almeno per oggi è più che altro con le opposizioni ‘esterne’, tra cui ovviamente quella del Movimento 5 Stelle ("Ancora una volta questo Parlamento si occupa di questioni che non sono urgenti e non interessano gli italiani ma solo i partiti che vogliono mantenere le loro poltrone. Agli italiani interesserebbero piuttosto una legge efficace sul conflitto di interessi, una legge sulla corruzione, di una legge sul reddito minimo" tuona Danilo Toninelli) e Sel ("Io vi suggerisco, visto che si tratta di un Porcellum peggioratum, di chiamarla ‘Napoleonicum’, che mi sembrerebbe il termine più adatto anche rispetto agli obiettivi che persegue il Presidente del Consiglio, visto anche il metodo che è stato utilizzato per questo provvedimento" dice Stefano Quaranta). Da martedì, con il voto ‘al buio’ sulle pregiudiziali, inizia anche la sfida della minoranza dello stesso Pd.
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