Dietrofront: il comitato per le riforme costituzionali non punterà ad abolire la circoscrizione estero, come suggerito pochi mesi fa dal ‘gruppo dei saggi’ nominato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ma solamente a riformare il voto per gli italiani all’estero così da metterlo in sicurezza. E’ il dato incoraggiante che è emerso dal convegno Europei in Movimento, organizzato dal senatore Claudio Micheloni come momento di confronto tra i parlamentari dei paesi dell’Unione Europea che rappresentano le rispettive comunità all’estero. Ad assicurarlo è stato in prima persona Gaetano Quagliariello, che oltre a essere ministro per le Riforme era anche un dei saggi che ha redatto quel documento che aveva messo in apprensione le comunità italiane all’estero. Il voto degli emigrati e la Circoscrizione Estero, dice il ministro "è una esperienza di un ventennio che ha evidenziato luci e ombre, abbiamo bisogno di un intervento di manutenzione volto a dare ancora più efficacia a questo strumento. Abbiamo l’esigenza di mettere in sicurezza l’esercizio del voto per corrispondenza, conciliando l’esigenza di consentire il voto a tutti ed evitare brogli elettorali. Un possibile punto di partenza può essere rappresentato dalle misure presentate sul finire della scorsa legislatura e che avevano trovato ampia condivisione, che prevedevano che l’opzione del voto per corrispondenza debba essere esercitata preventivamente, e l’obbligo di introdurre nel plico la fotocopia di un documento di identità".
Parole, che insieme a quelle di Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato ("l’utilità della permanenza degli eletti all’estero nel nostro Parlamento va sganciata da stereotipi e pregiudizi. La loro permanenza in una delle due Camere non risponde a nostalgiche rappresentazioni, ma si collega con forza allo sforzo dell’Italia di meglio organizzarsi e rappresentarsi nel mondo così da valorizzare le proprie peculiarità e la propria identità") fanno gongolare il ‘padrone di casa’ Micheloni: "Gli interventi di Quagliariello e Finocchiaro sono un buon inizio, perché hanno espresso posizioni diverse da quelle esternate fin qui dai cosiddetti saggi e riconoscono la necessità di una rappresentanza degli italiani all’estero. Cosa che fino ad oggi non era affatto scontata". Anche se Norberto Lombardi, membro storico del Cgie, non è del tutto soddisfatto dell’idea di relegare la rappresentanza degli italiani all’estero al solo Senato delle Regioni, che nell’idea di superamento del bicameralismo perfetto non avrebbe più il potere di dare o togliere la fiducia al governo: "Sarebbe automaticamente un voto di tipo inferiore, se non avessimo tale possibilità".
La questione però va affrontare non solo sul piano legislativo, ma anche su quello identitario e culturale. "È giusto avere un voto di rappresentanza" – dice il presidente del Censis, Giuseppe De Rita – perché "si rappresenta un’identità ma l’identità dell’italiano all’estero non è oggi ben definibile. Qual è oggi l’interesse degli italiani all’estero? Se l’identità è sfocata gli interessi lo sono altrettanto . E se non c’è appartenenza non ci sono neppure interessi e identità". E per Stefania Giannini, senatrice di Scelta Civica ed ex rettore dell’università di Siena, "se per comunità continuiamo a intendere tutto ciò che è all’interno di uno spazio territoriale, allora l’argomento del voto estero diventa facilmente aggredibile. Viceversa se partiamo da un concetto più ampio, il nostro impegno è porre l’attenzione sulla liceità del diritto del voto insieme al rinforzo e al mantenimento del legame culturale".
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