Giovanni Rana ha fatto storia in Italia: nel 1961 aprì un laboratorio per la produzione di tortellini e di pasta fresca a San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona. Dieci anni dopo, dal bilocale dove era nata, l’azienda Rana si trasferì nell’attuale sede, sempre a San Giovanni Lupatoto. Oltre mezzo secolo di pasta fresca, accompagnata da una pubblicità dove poi Giovanni Rana diventò testimonial di se stesso. Una pagina di un’altra storia, quella degli spot commerciali. Adesso, da un paio di anni, il nome Rana è sbarcato anche a New York, lo si può trovare nel celeberrimo ‘Chelsea Market’, che tra l’altro non è lontano dalla sede di New York del proprietario della Roma, Jim Pallotta. Sotto l’insegna Rana, che ha in Italia e a Londra altri ristoranti, a New York c’è un locale che può ospitare 180 persone a tavola, ma lì non solo ci si siede per mangiare, ma ci si ferma anche per acquistare la pasta e portarsela a casa. Già, perché il mercato della pasta a New York e negli Stati Uniti in generale, sta crescendo, e la ‘Big Apple’ è diventata una ghiotta opportunità.
"Abbiamo fatto una ricerca – ha spiegato Antonella Rana che è co-proprietaria – e New York era la città meno esposta a questo fenomeno". Forse qualche anno fa, perché adesso la situazione è cambiata, la pasta, nel senso di richiesta, cresce. Ma non c’è solo questa motivazione nelle parole di Antonella Rana che vede nel mercato USA più libertà d’azione rispetto a quello italiano. "Noi siamo ancora legati al vecchio stile per la gastronomia – ha spiegato paragonando l’Italia agli Stati Uniti – le regole sono severe, qui invece si è più aperti". Al punto che Rana è sbarcato a New York, portando il proprio nome come simbolo della pasta, cucinata e già pronta da mangiare, ma anche solo da acquistare per cuocersela in casa propria. Un pioniere? Forse, ma l’idea di un ristorante a New York sotto il ‘brand’ di un produttore di pasta ha colpito anche un nome celebre, uno dei più conosciuti e storici: Barilla.
Sotto quel marchio si produce la pasta da 138 anni, facendo di quel nome un marchio miliardario. Ecco allora che dopo Rana la ‘Grande Mela’ ha anche Barilla. Due ristoranti nel nome della pasta. L’apertura del ristorante Barilla è storia di tre mesi fa, a Midtown Manhattan, un bancone, stile rustico sul genere anche di una caffetteria, poi i tavoli e i piatti pronti, quasi come fosse un fast food all’italiana, in pochi minuti. Dalla pasta nelle celeberrime scatole di cartone blu, famose anche negli Stati Uniti, al ristorante, dopo che la gastronomia italiana negli USA ha cambiato immagine, già da un ventina d’anni, ma in maniera sempre più decisa ultimamente.
Una volta la cucina italiana negli States era rappresentata dalle classiche tovaglie bianche e rosse, a scacchi, un simbolo, che era l’equivalente di qualcosa di umile, economico, da poco insomma. Adesso le cose sono cambiate, la gastronomia italiana ha fatto un grande salto e visto il successo, tutti vogliono farne parte. "Sappiamo che non è facile entrare nel mercato di New York – spiega Stefano Albano che guida il ristorante Barilla – ma è un grande mercato e noi abbiamo aperto un locale sul genere di un ‘fast’ informale italiano che fornisce alta qualità". Ecco allora Rana e poi Barilla che con concezioni diverse, ma partendo dallo stesso prodotto di base, la pasta italiana, vogliono prendersi New York, magari duellando un po’ anche tra di loro. E questo sbarco, anche a distanza di un paio di anni uno dall’altro, da chi studia il marketing del settore, è visto in maniera positiva. "I grandi nomi hanno ottime possibilità di successo se continuano a sfidare i palati di New York – ha detto Harry Balzer, analista all’agenzia di NPD Group, che studia le abitudini culinarie, al Wall Street Journal – uno dei primi cinque cibi che noi mangiamo a cena è il cibo italiano, la domanda però è: chi mi darà qualche cosa di nuovo? Gli spaghetti possono rimanere anche al top della gastronomia italiana, non è questo il genere di cibo che è in crescita". E se Giovanna Rana al Chelsea Market sembra davvero offrire qualche cosa di nuovo, almeno per i palati di New York, dalle pappardelle aglio e peperoncino ai ravioli fritti con ripieno di carne di maiale, il menù Barilla è meno eccentrico, se così si può dire, con classici come la pasta alla bolognese o alla puttanesca.
Albano poi chiama ‘americanizzati’ l’Alfredo e la primavera, ma tutti sono fatti usando prodotti Barilla. "Siamo in affari per soddisfare i nostri clienti – aggiunge Albano – ecco perchè abbiamo anche la Coca Cola. C’è bisogno di bilanciare le cose che sappiamo che la gente vuole, con quelle che noi vogliamo offrire, per far sì che i nostri clienti sappiano chi siamo".
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