Roma – Non si possono confondere i compiti amministrativi della rete consolare con quelli di promozione del Paese svolti dalla rappresentanza diplomatica. Elisabetta Belloni, direttrice generale per le Risorse e l’Innovazione del ministero degli Affari Esteri, difende la riorganizzaizone della rete estera e il ruolo delle ambasciate, ma annuncia novità in arrivo anche per i diplomatici.
Come ultima tappa del nostro viaggio tra luci e ombre del piano annunciato dal Mae, ItaliaChiamaItalia ha voluto ascoltare proprio chi, questa riforma, l’ha fortemente voluta e pensata, proponendo a voi lettori il punto di vista della Farnesina.
La riforma della rappresentanza estera incide sulle sedi consolari ma non taglia i costi, piuttosto elevati, della rete diplomatica. Per quale motivo avete deciso di chiudere i consolati, che offrono servizi utili al cittadino, e non toccare ambasciate e ambasciatori, la cui funzione appare a molti ormai obsoleta?
“Questi due rami della rete estera presentano funzioni ben distinte, che non possono essere confuse. I consolati offrono servizi di carattere amministrativo, mentre alle ambasciate è attribuito il compito fondamentale di gestire i rapporti bilaterali con il paese ospitante. Le ambasciate, quindi, servono per promuovere il sistema paese al di fuori dei confini nazionali; grazie al loro lavoro è possibile sostenere le imprese, tutelare i diritti dei connazionali e curare i rapporti con gli altri paesi”.
Quindi non avete intenzione di chiudere delle sedi diplomatiche per salvare, in parte, la rete consolare?
“Le ambasciate non possono essere soppresse, a esse è attribuito un compito importante e di ampio respiro, legato alla delicata tessitura dei rapporti bilaterali. È bene sottolinearlo, per ribadire la centralità del lavoro svolto dagli ambasciatori nel mondo”.
Sono altrettanto centrali in Europa? In molti si interrogano sull’utilità di una rete diplomatica all’interno dell’Ue.
“È evidente che, nel nostro continente, le relazioni sono rese più facili dall’appartenenza all’Unione Europea, ma questo non deve mettere in ombra la vasta gamma di competenze attribuite alle ambasciate che, proprio per la loro utilità, non possono essere cancellate. L’Ue rappresenta un caso a se stante, mentre la rete diplomatica rimane fondamentale sul piano dei rapporti bilaterali. Le imprese e i connazionali hanno bisogno delle ambasciate. Pur tenendo presente l’importanza della rappresentanza diplomatica, è innegabile il dibattito su un doveroso ripensamento del ruolo degli ambasciatori in Europa. La riforma che stiamo promuovendo prende in considerazione questo aspetto. È nostra intenzione, infatti, diminuire i funzionari e i diplomatici nei paesi dove appaiono ormai meno utili per potenziare la loro presenza negli stati meno forti”.
Possiamo annunciare che è in arrivo una riforma delle ambasciate?
“Sì, assolutamente. Si tratta di quello che noi chiamiamo ‘riorientamento’ e prevede l’assottigliamento del peso di alcune ambasciate, lì dove esistono rapporti bilaterali ormai consolidati, con l’obiettivo di rafforzarne altre. Questo non vuol dire che chiuderemo delle ambasciate ma significa che daremo un peso più consistente a quelle nelle quali si avverte una maggiore esigenza. In definitiva, il progetto di riorientamento intende sostenere le esigenze di proiezione del sistema paese verso i nuovi poli emergenti dello scacchiere internazionale, ai fini di una migliore tutela e promozione degli interessi nazionali, sia politici che strategici, economici e culturali, nel contesto globale”.
Le nuove chiusure consolari, però, continuano ad innescare le proteste dei connazionali. Il comune cittadino non vede la “promozione dei rapporti bilaterali” ma solo la privazione di alcuni servizi fondamentali finora svolti dal consolato più prossimo alla sua residenza. Come spiegherete la ratio della riforma a queste persone?
“È preciso impegno del Mae, nel caso di soppressione di uffici consolari, assicurare adeguati livelli di assistenza verso i connazionali. A tal fine, si provvederà al potenziamento delle sedi riceventi sia in termini di risorse umane che di tecnologia informatica. È inoltre prevista l’attivazione di agili sostitutive modulate a seconda delle diverse esigenze delle nostre collettività e del contesto locale. La soppressione di alcune sedi consolari, situate prevalentemente in paesi dove le nostre collettività risultano maggiormente integrate, è controbilanciata dal rafforzamento della presenza istituzionale in aree di nuova priorità e nei mercati emergenti. La ratio del piano di riorientamento delle rete degli uffici all’estero è molto chiara, la riforma intende attualizzare la rete diplomatico-consolare in modo da farne uno strumento sempre più efficace ed aggiornato per la competitività internazionale e la crescita dell’Italia”.
Secondo quali parametri è avvenuta l’individuazione dei consolati destinati alla chiusura?
“L’individuazione da parte della Farnesina delle sedi da chiudere è avvenuta attraverso un procedimento di valutazione tecnica estremamente attento e meticoloso, che, con il coinvolgimento di tutte le strutture ministeriali interessate, ha preso in esame una pluralità di parametri, tra i quali il volume dell’attività consolare, incluso il numero di atti rilasciati, in base alle varie tipologie, la consistenza della collettività dei connazionali, la distanza tra la sede in soppressione e quella che ne riceve le competenze, e la facilità dei relativi collegamenti”.
Quali obiettivi intendete raggiungere?
“Il progetto di riorganizzazione della rete diplomatico-consolare si prefigge di perseguire alcuni fondamentali obiettivi. È importante liberare risorse da investire nei nuovi mercati emergenti per riorientare la rete diplomatico-consolare, tuttora prevalentemente eurocentrica, verso più moderni scenari geopolitici. Rientra in questo ambito la decisione di aprire un’ambasciata d’Italia in Turkmenistan e i consolati generali in Cina e Vietnam. Ricordo che anche i principali partners europei dell’Italia sono da anni impegnati in similari azioni di rimodellamento delle rispettive reti a sostegno delle proprie articolazioni extra-europee. Insieme ai risparmi economici richiesti dal difficile contesto congiunturale del paese, inoltre, intendiamo razionalizzare l’uso delle risorse non solo finanziare ma anche umane, da anni fortemente decrescenti”.
Come si traduce questo risparmio in numeri?
“A seguito delle riduzioni di organico susseguitesi a partire dal 2006, i diplomatici sono passati da 994 a 896 unità diminuendo del 10 per cento, mentre il personale delle aree funzionali ha subito una diminuzione del 23 per cento, da 4118 a 3180 unità. La sempre più mirata ed efficiente allocazione delle risorse umane sulla rete rappresenta un’esigenza inderogabile per la Farnesina, considerando che il suo personale corrisponde a circa la metà di quello degli omologhi dicasteri di Francia, Germania e Regno Unito, a parità di estensione delle rispettive reti estere”.
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