La tanto attesa nuova Autorizzazione integrata ambientale per l’Ilva di Taranto e’ in dirittura d’arrivo, ma per capire se potra’ essere risolutiva nella vicenda del siderurgico bisognera’ sciogliere il nodo principale che resta ‘quanto e come’ l’azienda vorra’ investire per risanare. Il giorno dopo lo scadere dell’ultimatum della procura, infatti, appare ancora molto ampia la distanza tra la effettiva disponbilita’ dell’azienda e la volonta’ dei magistrati che, con il sequestro, hanno disposto la immediata cessazione delle emissioni inquinanti.
Oggi uno dei tre custodi giudiziari ‘tecnici’ incaricato di eseguire il sequestro, si e’ recato nello stabilimento di Taranto per compiere verifiche sulle procedure di spegnimento e ripristino dell’Altoforno 5, il piu’ grande degli impianti sequestrati, ma anche il piu’ grande d’Europa che copre circa il 40% della produzione dello stabilimento tarantino. Per l’Afo5, l’Ilva ha previsto lo spegnimento entro il 2015: una data decisamente distante rispetto ai tempi e alle prescrizioni della procura. Cosi’, anche se i custodi mantengono le bocche cucite, trapela un certo disappunto rispetto ad una persistente inerzia aziendale. L’ordine di servizio che il quarto custode e presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ha presentato tre giorni fa, avrebbe solo in apparenza messo a disposizione il personale e le risorse necessarie per lo spegnimento degli impianti inquinanti. L’azienda, infatti, avrebbe fornito ai custodi un elenco di migliaia di nomi di maestranze, senza indicare le funzioni di ciascuno. Per attivare le procedure di spegnimento e risanamento, invece, i custodi hanno chiesto un piano dettagliato di gestione del personale. Impossibile quindi per ora, per i tecnici giudiziari, disporre del personale adatto ad avviare le procedure. Altrettanto inadeguate sarebbero ritenute anche le risorse finanziarie messe a disposizione dall’azienda: dei primi 400 milioni di euro promessi, solo 146 sono stati effettivamente stanziati. Una cifra assolutamente incongrua rispetto alle reali necessita’ che, tra le procedure di spegnimento e di risanamento del siderurgico, potrebbero arrivare anche a 10 miliardi di euro. Su tutto questo i custodi giudiziari invieranno a breve una relazione alla procura di Taranto nella quale esprimeranno le loro valutazioni sulla disponibilita’ effettiva dell’azienda.
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