Quello che manca agli italiani è il ruolo fondamentale della scuola nel loro percorso di formazione individuale e umana. Chi appartiene alle generazioni precedenti, ad epoche anche recenti che tuttavia i nostri ragazzi considerano arcaiche, imbevuti come sono di tecnocrazia e cinismo, è stato costruito su principi "più duraturi del bronzo", inculcati da figure magistrali indimenticabili, nel bene e nel male.
Il professore del liceo, di Letteratura o di Filosofia che fosse, era agli occhi degli alunni un vate: faceva paura per il rigore con cui pretendeva attenzione e studio meticoloso; ma meritava rispetto per la sua cultura eclettica e per la passione con cui declamava versi o spaziava dalla metafisica all’etica, sentenziando su concetti e comportamenti consequenziali.
Capitava che fuori della classe fosse deriso, qualche volta irriso: un poverocristo per i figli della ricca borghesia, fuorviati dal culto dell’esteriorità ipocrita delle loro famiglie; un essere stralunato e misterioso per i figli del popolo, comunque desiderosi di riscatto sociale. In classe, però, nessuno osava disturbare le sue lezioni: e gli stessi genitori, ricchi o poveri, gli garantivano appoggio e considerazione, spinti dal comune pensiero che lo studio "serve" ed è utile ad affrontare la vita.
La licenza liceale era una prova concreta di maturità per il passaggio alla vita reale.
Chi proviene da quella scuola, e ha metabolizzato gli insegnamenti ricevuti, anche se non è arrivato a far parte delle attuali classi dirigenti, non ha bisogno di obbedire ai Dieci Comandamenti per avere coscienza del senso da dare alla propria esistenza terrena.
Primo: non rubare. Secondo: non desiderare la roba d’altri. Terzo, comandamento laico: riprendere periodicamente la lettura dei classici per non perdere l’abitudine alla saggezza conquistata. L’esempio che viene dai grandi uomini è la strada da seguire. "A egregie cose il forte animo accendono l’urne dei forti…".
Chi è stato educato alla "cultura" non necessita di illusioni religiose nè si aspetta premi ultraterreni. Semplicemente, coniuga il piacere dell’onestà con il disprezzo dei disonesti.
La fascia dei cinquantenni, ma anche dei quarantenni (credo che Renzi e la sua squadra possano rientrare nella rosa dei fortunati che hanno frequentato buone scuole) che hanno voluto rottamare la vecchia guardia per cambiare verso, dovrebbe essere immune dalle tentazioni di arricchimento provenienti da un "mondo di mezzo" squallido e volgare, dalle occasioni di vizio di una Roma da Basso Impero violata nella sua Storia gloriosa e ridotta a pubblica meretrice.
Nella scuola mancano le figure di un tempo; mancano gli stimoli culturali di un tempo (molti licei hanno cancellato la Storia dell’Arte, e perfino il Latino, per implementare le ore dedicate alle discipline sportive), nell’ottica di una frequenza massiccia di studenti anche poco motivati allo studio; la scuola di oggi è un villaggio turistico che deve fare i conti con la concorrenza sleale dei mezzi di comunicazione di massa. Non si cambierà mai verso, se non si tornerà a dare alla scuola il ruolo primario che le famiglie schiacciate da condizionamenti spesso superficiali hanno perso da tempo. Una società che non dà il primato alla cultura è una società allo sfascio.