Taglio del ‘fisco’ in tre mosse’: prima la casa, poi le imprese e per finire i redditi piu’ bassi. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ribadisce da Rimini il ‘timing’ della svolta annunciata dal premier Matteo Renzi che nell’arco di tre anni dovrebbe avere un impatto ‘choc’ in termini di calo della pressione fiscale.
L’entita’ dello choc veniva annunciata dallo stesso Renzi: inclusi gli 80 euro nel 2014 e 2015 (circa 12-13 miliardi gia’ erogati) il premier parlava infatti di un impatto di 50 miliardi fino al 2018. Il primo atto del governo era stato infatti quello degli 80 euro al mese a dieci milioni di italiani. 2015. Si e’ poi proceduto all’eliminazione della componente del costo del lavoro dal calcolo dell’Irap alleggerendo le imprese. Poi il progetto per l’anno prossimo appunto: via Imu e Tasi sulla prima casa, ma anche sui terreni agricoli e gli ‘imbullonati’ (cioe’ i macchinari industriali). Poi nel 2017 avanti sulle imprese con un taglio all’Ires (che arriverebbe al 24%). Ma l’intervento piu’ atteso sarebbe nel 2018 quando il premier ha spiegato che si interverrebbe sull’Irpef e sulle pensioni minime. Il tutto appunto per un impatto di "50 miliardi di euro di riduzione tasse in cinque anni".
Il ministro Padoan conferma il percorso spiegando innanzitutto che lavoratori e imprese saranno al centro della manovra proseguendo sulle decisioni gia’ prese. Dunque avanti con gli 80 euro in busta paga ai lavoratori (un impatto da 10 miliardi l’anno a regime) e ulteriore sforbiciata agli oneri fiscali delle imprese con l’abbassamento (nel 2017) dell’Ires al 24%. Lo stesso Renzi a fine luglio spiegava che attualmente "il combinato Ires-Irap porta l’imposta sul profitto piu’ o meno al 31,4%, la Germania e’ al 30, come la Francia, la Spagna e’ al 25%. Noi puntiamo a un punto sotto Madrid".
Ma oltre alla conferma degli 80 euro e l’Ires il Governo studia la manovra sulla casa. L’operazione avrebbe un impatto di circa 4,5 miliardi e partirebbe l’anno prossimo. Andrebbe via la Tasi sulla prima casa e l’Imu sulle prime case di maggior valore (l’impatto sarebbe minimo, meno di 100 milioni). Salterebbe anche l’Imu sui terreni agricoli e l’imposizione sui macchinari industriali. Poi si punta a introdurre la Local Tax che riunirebbe in un unico tributo tutte le tasse locali. Ma su questo e’ ancora aperto il dibattito sui comuni. Il vero ‘asso nella manica’ del governo arriverebbe nel 2018: il premier aveva gia’ annunciato di voler intervenire infatti sull’Irpef a sostegno dei redditi piu’ bassi e sulle pensioni minime.
La riforma dell’Irpef, piu’ volte tentata in questi anni anche in termini di ‘semplificazione’, ha un punto ‘debole’: garantire la ‘progressivita” del prelievo. L’attuale sistema, rivisto con la manovra del 2007, prevede aliquote di prelievo crescenti all’aumentare dei redditi e cinque fasce reddituali, gli scaglioni con una soglia a 8.000 euro sotto la quale non si pagano le tasse (la ‘no tax area’). La paura di molti, ribadita pochi giorni fa da Susanna Camusso, e’ che si punti a 2 aliquote soltanto rendendo il sistema ancor piu’ iniquo.
Ultimo intervento, sempre annunciato per il 2018, e’ l’innalzamento delle pensioni minime attualmente a circa 500 euro. Ma l’intervento sarebbe assai oneroso. Si tratta infatti di circa 1 milione 900 mila persone. Ammesso che si intervenisse con una cifra di 100 euro al mese in piu’ per tutti (1.300 euro in un anno) si tratterebbe di un esborso di 2,4 miliardi circa.
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