Il dramma italiano. L’Italia nel dramma. In picchiata i redditi familiari, si assiste all’impennata delle spese obbligate. Il Paese è nel tunnel, nel bel mezzo di una buia galleria, e in fondo ancora non si intravvede la luce. Dicono: la ripresa sta arrivando, sarà pure così, ma i redditi non si accorgono di nulla. Precipitati al livello di ventisette anni fa, i redditi familiari indietreggiano ogni giorno di più. Sono fermi al 1986. All’epoca le entrate disponibili pro capite erano pari a 17.200 euro (dalla traduzione dalle lire, ovvio), ora sono più alte per soli 100 euro. Come se tutto si fosse fermato e, sotto questo aspetto, completamente cristallizzato.
Eccolo, il dramma. Il Centro Studi di Confcommercio ha elaborato uno studio. In cui vengono elencate le voci dolenti dei bilanci familiari. Poste destinate a incutere, in ognuno di noi, crescenti paure. Il cinquantotto per cento del budget se ne va per mantenere la casa; il 25% per i trasporti, il 7% l’assorbono le spese sanitarie; il 10 lo divorano i servizi finanziari e la protezione sociale. Ma se nel ’92 erano sufficienti 100 euro per pagare le singole cose summenzionate, oggi ne necessitano 216. Una clamorosa, micidiale impennata imputabile alla carenza di liberalizzazioni.
Il rapporto della Confcommercio indica anche il crollo della spesa e di tutti gli altri beni messi in commercio. Ovvero, alimentari, abbigliamento, istruzione, servizi e quant’altro: siamo passati dal 51,4 al 39,2 %. Un crollo verticale, e nessun possibilità che si possa trovare un riparo, una contromisura, in tempi relativamente brevi. Anche se nei settori alimentari, abbigliamento, eccetera, l’aumento dei prezzi risulta abbastanza contenuto: per 100 euro spesi nel 1992, oggi ne servono 160. Casa, sanità, salute e altro si sono messe a correre. Continuano a volare, assorbono oggi il 46% dei consumi familiari. Carta canta e conti alla mano, 6.500 euro l’anno circa; 2.700 una ventina di anni fa. Il 46% contro il 32,3%.
Tutti gli altri consumi autorizzano Confcommercio a poter proporre questa conclusione. “La ripresa, al momento, è solo un dato statistico. L’economia italiana non è stata contaminata dal risveglio”. La crisi ha costretto le famiglie italiane a raschiare il fondo del barile. Pensate, tra gennaio e luglio si è bloccata anche la vendita dei giocattoli. Il calo delle vendite è del 3,4% in valore e del 2,4% in volume. “La conferma della tendenza registrata già nel 2012, meno 2% in valore rispetto al 2011”, comunica Assogiocattoli. Anche questa ce la dovevamo aspettare, non può coglierci sorpresi e impreparati. Solo gli eterni sognatori che si lasciano abbindolare facilmente da indagini fasulle non potevano prevederla. I numeri esprimono verità, non chiacchiere, quando sono veri. E questi lo sono.
Va da sé che il taglio del cuneo fiscale sia diventato una priorità. Laddove la riforma del fisco è un obbligo. In mancanza, l’Italia si ritroverebbe al cospetto di gravi rischi. “L’aumento dell’aliquota Iva trasformerebbe la crisi economica in crisi sociale: imprese e famiglie ne sono state già fortemente colpite”. Il quadro è a tinte fosche, un dipinto color notte fonda. Al punto di ritenere che, in questa drammatica situazione, “la crisi di governo va sicuramente evitata”. Ma come fare? L’indicazione è drastica, bisogna agire con immediatezza. “Necessita abbandonare il confronto muscolare e avviare, se ne si ha la forza, le riforme che affrontino l’emergenza”.Ovvero liberalizzazioni, fisco, interventi a favore delle piccole imprese, che chiedono da tempo un incontro con il premier Letta. La richiesta è partita, non ancora arrivata la risposta.
Intanto, dati e risultati del rapporto di Confcommercio sono sotto gli occhi di tutti e tutti li possono leggere. Abitazione: 20,4% nel 2007, oggi 23,7%; assicurazione e carburanti – 0,4% tra il 2007 e il 2013: beni (di cui alimentari incluse le bevande alcoliche e non): 19,5% nel 2002, 15,3% nel 2013. Servizi + 1% negli ultimi sei anni. I consumi sono destinati a ulteriori sofferenze nel futuro. L’Ocse intravvede la possibilità di uscire dalla crisi; Confcommercio no, non riesce a individuare la luce in fondo al tunnel. “Nel 2014 si registrerà una flessione di modesta entità limitata a circa due decimi di punto”. Laddove nel biennio 2012-2013 la perdita è stata di oltre 6,5 punti percentuali. Traduzione: il crollo si è fermato; il resto è lungi dall’essere recuperato. E non sarà impresa da poco, comunque non realizzabile in tempi brevi. L’Italia è nel centro della galleria lunga e buia. Il ritorno alla luce è solo un’ipotesi. Anche il futuro immediato è grigio nero. L’antracite è ridiventato il colore di moda.
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