E’ un accostamento insolito, nelle recenti cronache giudiziarie, quello fra Lega Nord e tangenti. Ma e’ di fronte a questo impasto spesso veementemente rinfacciato ad altri partiti che il movimento di Umberto Bossi si e’ ritrovato d’improvviso oggi, quando si e’ diffusa la notizia dell’indagine a carico del presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni, che siede in uno dei posti di maggiore visibilita’. Dal Carroccio nessuno e’ entrato nel merito delle accuse, benche’ sia presto trapelato dagli inquirenti che le presunte tangenti per cui Boni e’ finito nei guai sarebbero state prese proprio per il partito. Nessuno s’e’ nemmeno sbracciato in una difesa diretta del numero uno del Pirellone, a partire dal suo stesso gruppo: quei compagni di militanza che si sono spinti oltre le dichiarazioni di circostanza hanno denunciato il pericolo di un ‘complotto’ piu’ generale ai danni della Lega di opposizione.
Di certo il caso Boni rischia di segnare la nuova stagione politica leghista, nella regione piu’ densa di simboli per il Carroccio, specie alla vigilia dei congressi e di elezioni amministrative che saranno il primo test del dopo-Berlusconi. Il gruppo al Pirellone e’ apparso ‘scosso’ dall’inchiesta e anche diviso fra chi attende di sapere qualcosa di piu’ e chi invece ha mostrato rabbia per il punto a cui si e’ arrivati. La notizia ha investito il palazzo proprio durante una seduta: in contemporanea i finanzieri stavano perquisendo gli uffici che si trovano al 25mo piano. Ma per l’intero pomeriggio non sono arrivate indicazioni da via Bellerio, dove la questione e’ rimbalzata sul tavolo del segretario lombardo Giancarlo Giorgetti e, quindi, su quello di Bossi, gli unici che possono costringere Boni a una scelta drastica.
Il capogruppo in Regione Stefano Galli non si nasconde che altri indagati nell’Ufficio di presidenza si sono dimessi recentemente, ma non e’ arrivato a chiedere di fare lo stesso a Boni ne’ ha voluto convocare una riunione del gruppo per parlarne (‘Chiedete a Boni, io cosa c’entro’, e’ stato il suo refrein di giornata). Cosi’ i consiglieri leghisti si sono limitati a una chiacchierata informale di mezz’ora durante una pausa dei lavori dell’Aula. Al vice-governatore Andrea Gibelli e’, poi, toccato dare la linea ufficiale: ‘non c’e’ alcuna richiesta formale’ di dimissioni a Boni, ‘ma spero che ci dara’ informazioni coerenti con quello che ci attendiamo e dopo come partito faremo tutte le valutazioni del caso’. Dimissioni non sono state chieste nemmeno dal Pdl, ma dalle opposizioni si’, e con forza.
Renzo Bossi, il figlio-consigliere regionale del ‘Capo’, per tutta la giornata in Aula e alla buvette ha evitato di rispondere ai giornalisti. E’ stato visto parlare al telefono piu’ spesso del solito. Ma ‘non dico niente’, ha detto a piu’ riprese. E cosi’ alle cronache restano per adesso le paure di un complotto anti-Lega. ‘Non dobbiamo chiedere soldi a nessuno, e’ sicuramente una coincidenza strana che si stia montando tutto un sistema intorno alla Lega, che e’ rimasta l’unica forza politica d’opposizione’, ha detto l’europarlamentare Matteo Salvini. Il tesoriere del movimento, Francesco Belsito, ha assicurato: ‘Siamo estranei a fatti dove si fa riferimento a ipotetici versamenti presso la cassa del partito’. Si capira’ nelle prossime ore che cosa fara’ Boni di fronte al montare di quello che qualcuno ha gia’ comunque ribattezzato il ‘sistema Lega’.
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