Comites, Picchi (Fi) a ItaliaChiamaItalia: ‘Liste azzurre solamente a Stoccarda e Philadelphia’

Roma – Solamente due liste ufficiali per Forza Italia che, alle elezioni dei Comites, correrà nella maggior parte dei casi insieme ad altre formazioni della società civile. È il deputato eletto in Europa Guglielmo Picchi a spiegare come gli azzurri si siano organizzati in base “alle decisioni dei rappresentanti territoriali” che, a detta del parlamentare, avrebbero scelto di unirsi alle organizzazioni e alle personalità che operano maggiormente a livello civile e sociale, anche senza avere un’appartenenza politica. Paura che il nome di Berlusconi non tiri più?

On. Picchi, in quali città e con quali nomi sono presenti gli azzurri?

“Abbiamo presentato delle liste veramente politiche con il nome di Forza Italia solo in due posti, a Stoccarda con Carmelo Pignataro e a Philadelphia con il nostro ex parlamentare Amato Berardi (candidato al Comites il figlio di Amato, Carmine, ndr)”.

In quali città vi siete uniti ad altri?

“A Londra, Manchester, Parigi, Berlino, Stoccarda e in Olanda siamo presenti in diverse formazioni sotto varie denominazioni civiche, non è sempre la stessa lista. Come Forza Italia abbiamo una serie di candidati presenti in liste civiche o uniche di altri, si tratta quindi di liste che non abbiamo promosso noi come partito e alle quali abbiamo solo aderito”.

In quali Comites siete presenti e in quali altre città invece avete provato ma non siete riusciti a presentare le liste?

“Abbiamo presentato una lista capitanata da Gianni Notarianni a Parigi, a Londra siamo presenti con Ezio Fabiani, nella lista di Manchester con Alberto Bertali e abbiamo candidati in Olanda e Berlino. A Edimburgo non ce l’abbiamo fatta, ci siamo fermati a 100 firme precise, così come a Francoforte, in Polonia e a Montecarlo. In Svizzera ne abbiamo due a Zurigo e uno a San Gallo, in Francia abbiamo solo Parigi, in Germania abbiamo solo Berlino e Stoccarda. In Belgio nessuno, i conflitti interni degli esponenti di Forza Italia presenti in quel Paese hanno impedito la presentazione delle liste”.

È stato eletto con più di 20mila preferenze. Come è possibile che, ora, non si riesca a mobilitare la stessa mole di persone per le elezioni dei Comites?

“Ho cercato, come esponente del partito, di fare informazione sul territorio e di mobilitare la partecipazione. C’è una considerazione di fondo che non si può tralasciare. Queste elezioni sono state organizzate nel modo peggiore che si potesse immaginare e realizzate anche peggio. C’è stata una fretta da parte del Pd che non si spiega, visto che perfino loro, nonostante la presenza massiccia dei patronati e delle organizzazioni sulle quali possono contare, in tanti posti non sono riusciti a raggiungere il numero delle firme necessario. C’è molto rammarico per questa occasione persa. Prendiamo atto di come il Pd abbia fatto di tutto per limitare la partecipazione, ad esempio non mandando l’informativa promessa dal governo per richiedere l’iscrizione nelle liste elettorali, oppure con il blocco dell’iscrizione nelle liste elettorali a trenta giorni prima”.

La decisione di unirsi a liste apartitiche è stata dettata anche da esigenze organizzative?

“La decisione non era del partito, ma era rimandata a tutti i nostri dirigenti locali. Volevamo creare delle liste che fossero le più ampie possibile come rappresentatività, includendo quindi tutti i soggetti attivi sul territorio, esponenti dell’associazionismo e simpatizzanti, andando oltre ciò che può essere la militanza politica in senso stretto. Abbiamo cercato di rivolgerci anche ad altri partiti attivi sul territorio come già fatto a Londra, dove c’è un nucleo di rappresentanti di Forza Italia unito a esponenti della società civile, persone che non hanno mai militato nel partito ma si rivedono in una visione liberal-democratica della vita e hanno voglia che il Comites svolga una funzione diversa da quella svolta finora”.

Quali dovrebbero essere le nuove funzioni?

“I Comites devono diventare meno ancorati al passato e più rivolti al futuro, alle nuove generazioni di emigrati. Devono rapportarsi di più con le istituzioni locali e le autorità del territorio, ad esempio i sindaci, e non solo con il consolato. Devono, infine, svolgere un compito di promozione del Paese e dell’italianità”.

Sa quanti Comites siano rimasti senza liste?

“A Londra risultano presentate cinque liste, quindi si tratta della piazza con più liste presentate e lì si annuncia una dura battaglia. Credo che, per certo, siano rimaste senza lista l’Irlanda, Barcellona e Madrid, la Danimarca e tutti i più piccoli come Repubblica Ceca, Romania, Norvegia e Austria. I Comites in Europa sono, in tutto, 53 e almeno il 20 per cento è rimasto senza lista, alcuni a causa di liste che non raggiungevano il numero minimo di firme, altri perché le comunità locali non hanno nemmeno provato a presentare una lista. La differenza tra noi e il Pd sta nel fatto che noi, dove capivamo di non raggiungere il numero di firme minimo, non abbiamo nemmeno provato a presentare la lista, mentre so che i democratici le hanno presentate ugualmente. Ecco, non vorrei che si invocasse poi una successiva sanatoria per far valere anche le liste prive dei requisiti minimi”.

Ci sono delle liste verso le quali avete già dei dubbi di legittimità?

“Controlleremo le firme del Pd a Londra perché l’ultimo giorno, per arrivare alla soglia dei duecento sottoscrittori, hanno portato una serie di persone con il passaporto italiano, ma delle quali vorrei si verificasse l’effettiva iscrizione all’Aire. Mentre nelle altre liste non ho dubbi, per Londra desidero verificare che tutto si sia svolto correttamente”.

Quali sono gli episodi che contesta?

“Dalle verifiche che stanno facendo nei consolati risulta che, a Londra, è a rischio una lista del Pd e una delle Acli. In realtà abbiamo riscontrato una serie di irregolarità sulla modalità di presentazione delle liste. Ci siamo accorti che a Londra e a Monaco le liste del Pd sono state depositate oltre l’orario indicato sul sito web del consolato, nonostante la legge sia tassativa sul fatto che le liste devono essere depositate durante l’orario di apertura dei consolati indicato sul sito. Invece, ci troviamo di fronte a un comportamento ‘agevolativo’ da parte del consolato”.

Come fate ad affermarlo? Che prove avete?

“La lista di Londra del Pd e’ stata depositata alle 15.00, perchè dei nostri collaboratori li hanno visti, mentre poi è stato scritto che era stata depositata alle 13.05. Inoltre sul sito c’era scritto che le liste potevano essere presentate entro le 13.00, però sabato, dopo che noi abbiamo sollevato il problema, sul sito web del consolato è stato addirittura modificato l’orario di deposito estendendolo di molte ore. E comunque, anche se fosse giusto l’orario delle 13.05, sarebbe ugualmente fuori tempo”.

Che cosa è accaduto, invece, a Monaco di Baviera?

“A Monaco di Baviera è stato anche peggio. Pierluigi Sotgiu ha presentato protesta formale perchè l’orario sul sito del consolato indicava la scadenza alle ore 18.00 e, invece, abbiamo le mail del Pd che propagandavano una raccolta firme alle 22.00 in un ristorante alla presenza del console generale di Monaco di Baviera. Una cosa estremamente antipatica. Il Dpr 395 del 2003 prevede all’articolo 14 solo ed esclusivamente il deposito delle liste durante l’orario di ufficio, loro invece hanno superato gli orari consentiti con il benestare del console generale”.

Come intende procedere?

“Presenterò un’interrogazione parlamentare su questi due fatti accertati. Siamo molto infastiditi, in molti posti non abbiamo presentato liste perchè era oggettivamente difficile raccogliere firme, se anche noi avessimo avuto un console a disposizione per autenticare le firme in qualsiasi orario, le avremmo raccolte anche a Ginevra e a Lugano, ad esempio. Per anni ci hanno spiegato che i Comites sono associazionismo puro, ma mi pare che l’unico partito che non si sia intromesso in queste elezioni sia il nostro”.

Forse anche per disinteresse?

“No, è solo perchè abbiamo parlato di associazionismo e abbiamo detto ai nostri sostenitori di unirsi alle realtà civiche, non abbiamo nè i patronati nè i Comites uscenti, partiamo da oggettive difficoltà e siamo più deboli”.

Per quale motivo in alcune località non si è nemmeno provato a creare delle liste? Quali sono state le maggiori difficoltà?

“A Londra ho parlato varie volte con il console e con i miei elettori, burocraticamente è stato molto difficoltoso. Ho fatto sempre raccolta firme per le campagne elettorali, ma prenderle così è assurdo, c’era la doppia autentica, il documento legalizzato dal notaio andava a sua volta autenticato da un’autorità inglese, quindi prima vai dal notaio, poi vai dall’autorità, tutto entro giovedì perché la scadenza era di domenica. Per votare il Parlamento puoi spedire un plico via posta e per votare i Comites ci vuole la doppia autentica, è assurdo. Senza contare che per due settimane abbiamo distratto il personale dei consolati per pratiche di questo genere, è ridicolo. Siamo in Europa e il documento che vale nell’altro stato deve valere anche per l’Italia”.

I Comites si avviano ad essere cancellati?

“Non so bene quale strategia abbia il Pd. Facendo le elezioni in questo modo abbiamo dato un colpo quasi mortale alla credibilità dei Comites e, dall’altro lato, anche al voto degli italiani all’estero, non tanto per la circoscrizione ma soprattutto per la voglia di partecipazione. Si iscriverà a votare il 3 o 4 per cento dell’elettorato. Si è tolto a tre milioni e mezzo di persone il diritto di partecipare, si poteva fare altro per mettere in sicurezza il voto. Il dispiacere è anche più grande, perché avevamo iniziato a discuterne in maniera bipartisan con i colleghi e con il governo ma poi, per la foga di far vedere che si arriva al voto e che loro si prendono tutto, quelli del Pd hanno rovinato tutto il lavoro svolto. Anche loro, inoltre, sono rimasti vittime di questa organizzazione. Avevo proposto quell’articolo in base al quale i partiti potevano presentare liste senza firme, così tutti potevano partecipare, avremmo avuto trenta o quaranta liste in più, ma avremmo anche aumentato la partecipazione”.