Conservo di Marco Pannella (che all’anagrafe si chiamava Giacinto) un ricordo personale ed affettuoso, legato ai tempi di Radio Radicale, una emittente che – anche per i soldi pubblici che riceveva – dava però davvero spazio alla voce di tutti.
Si parlava spesso di politica estera e a volte, a microfoni spenti, Marco ricordava con piacere episodi di vita politica come la sua controversa partecipazione ad un congresso del MSI-DN (allora considerato appestato ed emarginato) che suscitò le ire dei benpensanti ”democratici”, oppure le sue iniziative a difesa anche dei giovani di destra degli anni ’70 che – come me – chiedevano di poter esprimere le proprie opinioni, perché essere Radicali per lui significava davvero credere nelle libertà e nel rispetto reciproco.
Parole di stima perché Pannella era uno fuori dagli schemi e – pur non condividendo nel merito diverse delle sue battaglie – non c’è dubbio che fosse un esempio concreto di come ci si batte per le idee e la libertà di tutti senza preconcetti e senza ipocrisie, rispettando sempre gli avversari e facendo propria e concreta la massima di Voltaire: “Non la penso come te, ma farò di tutto perché tu possa esprimere la tua idea”.
La morte di Marco Pannella rappresenta così davvero la fine di un modo di concepire la politica militante, con metodi che in Italia prima di lui erano quasi sconosciuti, ma che sono stati gli stessi di grandi menti del mondo – come non ricordare Ghandi! –, sollevando la bandiera dei diritti civili che Pannella non ha mai ammainato.
E’ stato trasversale ed irriverente, volutamente provocatorio ma – se ci pensate – sempre corretto. Non corretto con i canoni della forma, anzi, ma corretto e coerente verso i propri principi. Aveva la politica nel sangue con il senso dell’ironia e della polemica, della provocazione spesso finalizzata al risultato che era sempre quello di obbligare le coscienze a porre attenzione a temi troppo spesso dimenticati. Quanti digiuni per temi nobili, dalla obiezione di coscienza alla condizione nelle carceri, dalle sue tante campagne per la fame del mondo o alla denuncia di tante prevaricazioni ed ingiustizie. Irriverente e scanzonato ha vissuto fino al suo ultimo giorno scherzando anche con la morte, con sulle labbra la strafottente canzone di De Andrè: “Sorella morte lasciami il tempo, di terminare il mio testamento…”.
Discussione su questo articolo