Sul quotidiano La Stampa di Torino il racconto che riguarda la scomparsa di Mario Burlò in Venezuela.
“L’ultimo messaggio al suo avvocato di fiducia Maurizio Basile del Foro di Torino dal quale attendeva notizie di un processo che ne ha sancito l’assoluzione con formula piena da tutte le accuse, è datato 7 novembre 2024.
Il successivo 9 novembre una telefonata alla famiglia. Da allora e per mesi è stato nella pratica impossibile a tutti conoscere le sorti dell’imprenditore torinese Mario Burlò, specializzato nell’outsourcing a capo di diverse aziende e con una serie di procedimenti in corso in Italia per presunte indebite compensazioni di crediti Iva e Irpef.
Scomparso dai radar, sparito come un fantasma fino a pochi giorni fa quando durante un’udienza in tribunale a Torino la presidente del collegio giudicante si è vista depositare una breve nota del console italiano a Caracas dal titolo inequivocabile: ‘Detenzione di Burlò Mario in Venezuela’.
Non si sa nient’altro di questa storia. In quale carcere si trovi Burlò, ad esempio. Per quale motivo, con quale accusa. Da chi sia stato fermato. Un giallo a tutto tondo del quale è stata investita a indagare la procura di Roma competente sulle sorti degli italiani all’estero”.
“C’è un fascicolo K: al momento senza ipotesi di reato né indagati, nato dall’esposto presentato lo scorso 30 marzo dai familiari tramite l’altro avvocato di fiducia scelto nella Capitale per cercare di riportare in Italia il loro congiunto: Benedetto Marzocchi Buratti.
Ci sono notizie ufficiose, informali, acquisite dai legali anche attraverso un imprenditore amico di Burlò che a novembre attendeva l’impresario in Sudamerica, che parlano di un arresto avvenuto il 10 novembre 2024 in territorio venezuelano dove Burlò sarebbe entrato, via terra, dalla Colombia.
Era da poche ore atterrato a Bogotà, avrebbe noleggiato un’automobile e un interprete e sarebbe stato fermato poco dopo aver varcato il confine. Non si sa altro.
Ora, i motivi che possono aver spinto Burlò a recarsi in Venezuela non rilevano su questa storia, ma potrebbero essere parte dell’aspetto giudiziario delle sue vicende: stava attendendo una sentenza di Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Carminius. C’era una doppia condanna in primo e secondo grado a 7 anni. E se gli Ermellini non avessero ribaltato (come poi in realtà hanno fatto) l’esito dei primi due gradi di giudizio per l’imprenditore si sarebbero aperte le porte del carcere, quello di Torino nel caso di specie. Paura di finire in galera? Forse. Fatto sta che Burlò è stato assolto pochi giorni dopo e non è mai tornato”.