La rivolta siriana sarebbe arrivata nelle case dei dirigenti del regime: fonti anonime israeliane confermano oggi un tentativo – fallito – di assassinare alcuni ministri del governo, protagonisti della repressione, con il veleno. Le autorita’ di Damasco smentiscono seccamente, ma se il complotto si rivelasse vero, il pericolo per il regime non sarebbe piú limitato alle manifestazioni degli oppositori nelle strade o alla resistenza armata dei soldati disertori. Quello che è certo è che per il momento sul terreno si continua a morire. I dirigenti siriani, ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "respingono con la forza e la violenza le legittime rivendicazioni" del loro popolo, "travestendo la repressione sotto le mentite spoglie della stabilità".
Oggi, almeno 19 persone sono state uccise nella repressione, denunciano i Comitati locali di coordinamento dell’opposizione, che danno anche notizia di numerose manifestazioni anti-regime in diverse città e nei sobborghi di Damasco, molte disperse dalle forze governative con l’impiego di gas lacrimogeni o con le armi da fuoco. Come a Bustan al Qasr e Salehiddin, due sobborghi di Aleppo, dove secondo la stessa fonte cinque manifestanti sono stati uccisi. Mentre l’agenzia governativa Sana afferma che sei persone sono state uccise ieri sera da una bomba piazzata da "terroristi" a Rableh, nella provincia di Homs.
Ed è in questo scenario di violenza diffusa, nonostante il cessate il fuoco ufficialmente chiesto dalle Nazioni Unite, che il mediatore dell’Onu e della Lega Araba, Kofi Annan, ha fatto sapere che si prepara a recarsi nuovamente "presto" a Damasco, dove era stato l’ultima volta in marzo. Mentre 11 pellegrini sciiti libanesi rapiti il 22 maggio nel nord della Siria sono stati rilasciati dopo che l’Esercito libero siriano (Esl) aveva respinto le accuse di essere responsabile dell’azione.
Intanto e’ giallo sul complotto per assassinare i responsabili del regime: sarebbero stati proprio alcuni dei dirigenti piú vicini al presidente Assad, e piú direttamente implicati nella repressione delle proteste, ad essere presi di mira dal tentativo di avvelenamento rivendicato alcuni giorni fa con un video diffuso dalle televisioni panarabe Al Jazira e Al Arabiya da un uomo non identificato che si presentava come rappresentante delle Brigate degli Sahaba, cioè ‘amici del Profeta’ (Maometto).
Secondo la rivendicazione, un solo uomo, dopo due mesi di raccolta di informazioni, avrebbe cercato di avvelenare il generale Assef Shawkat, cognato di Assad e capo dell’Intelligence militare, il ministro dell’interno Mohammad al Shaar, quello della Difesa Daud Rajiha, il capo della Sicurezza nazionale Hisham Bakhtiar, oltre a Hassan Turkmani, assistente del vice presidente, e Mohammad Said Bakhtian, assistente del capo del partito Baath. La rivendicazione non conteneva particolari, ne’ elementi di prova, mentre il ministro dell’Interno Shaar ha smentito tutto affermando attraverso la televisione di Stato che la storia rientra nelle "campagne di menzogne e calunnie" contro Damasco.
Ora il funzionario citato da Haaretz dice che Israele dispone di ‘informazioni attendibili’ relative a questo episodio e ritiene che il tentativo di avvelenamento sia stato compiuto proprio da ‘al-Sahaba’, che definisce un’unita’ gestita dall’Esercito siriano libero. Secondo il funzionario l’episodio dimostra che la ‘rivolta in Siria non e’ piu’ limitata a citta’ remote, ma punta ormai ai vertici del regime… all’ingresso delle loro abitazioni’.
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