"Abbiamo detto per iscritto che siamo pronti a discutere anche sull’immunità dei senatori. Ma stiamo attenti a non far diventare questo il tema centrale delle riforme quando non è. Si è deciso di introdurre al Senato lo stesso criterio di immunità valido per la Camera per pari dignità costituzionale. La norma è stata votata da tutti i partiti tranne Sel e Cinque stelle. Se si vuole rimettere tutto in discussione, serve una volontà molto ampia". Lo afferma il ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi in una intervista a Bruno Vespa su Panorama. E aggiunge: "Invocare l’obiezione di coscienza per la riforma del Senato mi pare un’esagerazione. Questo può valere per i temi etici o quando si decide sulla vita delle persone, non per una norma del genere. Se stai in un gruppo politico, hai il diritto di confrontarti in tutti i modi. Noi lo abbiamo fatto per mesi. Il 70 per cento di chi ha votato per Matteo Renzi alle primarie lo ha fatto su questo programma. Il voto si è ripetuto in segreteria, in direzione e poi in assemblea. Adesso mi auguro che chi è stato eletto lavori nell’interesse del Paese e non per privilegiare posizioni e visibilità personali".
Il ministro inoltre sottolinea: "Il fatto che le regioni siano largamente rappresentate nel nuovo Senato che eserciterà la funzione di controllo sulle leggi statali, ne rafforza il potere di codecisione". E aggiunge: "Togliere 315 stipendi e indennità ai senatori è certamente un grosso risparmio. Ma non è stato certo l’unico criterio a ispirarci. Se il nuovo Senato sarà chiamato a compiti limitati e se la Camera sarà l’unica istituzione politica eletta direttamente dai cittadini, è giusto che mantenga immutato il suo numero di deputati per poter lavorare meglio anche in commissione". Il ministro distingue nettamente la riforma del Senato dalla legge elettorale: "Puntiamo a far votare il Senato in aula sulla propria autoriforma prima di Ferragosto e di chiudere con l’approvazione definitiva entro l’estate del 2015. Alla ripresa si partirà con la nuova legge elettorale che contiamo di far approvare entro l’anno".
L’obiettivo è rendere meno paradossale la lentezza legislativa: "Ricorda la legge sull’omofobia? Bene, è uscita dalla Camera un anno fa e ancora non viene incardinata al Senato. Con la nuova Costituzione, una legge ordinaria uscita dalla Camera passa al Senato che avrà dieci giorni per decidere se intervenire, 30 per proporre modifiche e la Camera avrà altri 20 giorni per accettare o respingere la proposta. In tutto, 60 giorni". E sui decreti attuativi, precisa, "cercheremo di ridurli al minimo e adesso stiamo lavorando per smaltire quelli degli ultimi tre governi, compreso il nostro. Rispetto agli 889 iniziali siamo scesi a 734". Esaurirli entro l’anno? "E’ una previsione ottimistica, ma ci spero".
"I Cinque stelle? Sono molto divisi. Alcuni collaborativi, come Luigi Di Maio, che svolge molto bene anche il ruolo di vicepresidente della Camera. Altri duri e puri. Ma un numero crescente di parlamentari del Movimento manifesta disagio. Dopo un anno di legislatura passato a dire sempre no, che senso ha trascorrerne altri quattro sulla stessa linea?”.
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