Plichi elettorali mai giunti a destinazioni, enormi difficoltà con le poste locali, fase di scrutinio farraginosa.
Le recenti elezioni referendarie l’hanno confermato: il meccanismo con cui votano gli italiani nel mondo fa acqua da tutte le parti.
Del resto, noi di ItaliaChiamaItalia lo denunciamo fin dal 2006: il voto all’estero è da rivedere. Basterebbe inserire l’inversione dell’opzione, ovvero il registro degli elettori, per rendere il meccanismo più agile e sicuro.
Ci piace anche l’idea del voto online, visto che siamo nel terzo millennio e le nuove tecnologie sono entrate nel nostro vivere quotidiano.
La politica, tuttavia, in vent’anni non è riuscita a trovare alcun tipo di soluzione a quello che è un vero e proprio disastro.
LA PILLOLA VIDEO DEL DIRETTORE: “MAI PIU’ UN VOTO ALL’ESTERO COSI'”
Gli italiani all’estero continuano a votare con un meccanismo complicatissimo che non riesce ad assicurare a tutti l’esercizio del voto.
Per Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia, lo spoglio dei voti giunti per posta è “un’altra anomalia dei tempi di oggi”.
“Siamo ancora alla spedizione postale delle schede – aggiunge Di Giuseppe -. Oltre che obsoleto, è un sistema che può essere facilmente condizionato e viziato. Che sia l’ultimo voto organizzato così”.
Il deputato chiede di riformare il voto all’estero: “Serve quello digitale. Così si evitano i brogli. Altrimenti si potrebbe semplicemente costituire i seggi dentro consolati e ambasciate. Almeno le persone sarebbero costrette a venire di persona”.
Il Comites di Santo Domingo denuncia “disservizi e incertezze per poter esercitare un diritto fondamentale” e si augura “che le testimonianze raccolte possano contribuire a sollecitare una riflessione profonda e concreta da parte del Parlamento italiano, affinché il diritto di voto dei connazionali all’estero venga garantito in modo efficace, sicuro e dignitoso”.
Per Rifondazione Comunista “è inaccettabile che cittadini italiani residenti all’estero si vedano esclusi dalla partecipazione democratica a causa di ritardi, carenze organizzative e scelte che ne limitano l’accesso”.
Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha parlato di “un sacco di soldi spesi per inviare milioni di schede all’estero”, la maggior parte delle quali “sono tornate bianche”.
Insomma, è la stessa cantilena di sempre: il voto all’estero così com’è non funziona. A quando una seria riforma?