Torna la violenza nazionalista a Kiev, dove oggi sono stati feriti 122 tra poliziotti e membri della Guardia nazionale, uno dei quali rimasto ucciso da una scheggia di granata che ha colpito in modo non letale anche il vice ministro degli Interni Vasili Paskal. Una decina di agenti e’ in condizioni gravi. Feriti anche cinque giornalisti, di cui due francesi e tre ucraini. E’ il bollettino di guerra degli scontri con alcune migliaia di manifestanti, armati di bastoni e fumogeni, e in parte mascherati, quasi tutti del partito di ultra destra ‘Svoboda’ (Liberta’) – ma c’erano anche esponenti del gruppo paramilitare Pravi Sektor – che hanno attaccato il cordone di polizia a difesa della Rada dopo che il parlamento aveva approvato in prima lettura gli emendamenti presidenziali alla costituzione per dare maggiore autonomia al Donbass, come previsto dagli accordi di Minsk-2.
Una trentina di attivisti e’ stata arrestata, compreso il presunto responsabile del lancio della granata: Igor Gumeniuk, in congedo temporaneo dal battaglione Sic e sostenitore di Svoboda. Il voto e’ stato contestato anche in aula, in particolare dal partito radicale di Oleg Liashko e da ‘Patria’ dell’ex eroina della rivoluzione arancione Iulia Timoshenko, entrambi filo occidentali ma contrari a qualsiasi concessione ai ribelli filorussi.
"Vergogna, vergogna", scandivano alcuni deputati, mentre alcuni parlamentari di Liashko occupavano la tribuna della Rada per impedire il voto. Alla fine le modifiche sono passate con 265 si’ (il quorum era di 226) e 87 no, ma ora bisognera’ attendere la seconda lettura definitiva – prevista nella sessione autunnale – che richiede almeno 300 voti: una prova cruciale per la maggioranza del presidente Poroshenko, che in serata ha promesso punizioni severe non solo per gli autori delle violenze ma anche per gli organizzatori, politici inclusi. I poliziotti, circa 3500, sono stati attaccati con mazze, sassi, bottiglie, spray lacrimogeni e fumogeni, oltre che con una granata. Scene di guerriglia urbana che non si vedevano da febbraio 2014 e che gettano altre ombre sul futuro di un Paese in grave difficolta’ economiche e ancora sotto scacco nell’est. Tanto piu’ che le modifiche costituzionale sono state bocciate dai ribelli: "Non riconosciamo quanto sta accadendo ora alla Rada perche’ sappiamo per certo che gli emendamenti proposti da Poroshenko sono solo un’imitazione degli accordi di Minsk-2", ha dichiarato Denis Pushilin, negoziatore dell’autoproclamata repubblica di Donetsk.
La riforma costituzionale prevede piu’ poteri ai consigli regionali e locali, in particolare a quelli che si trovano attualmente sotto il controllo dei ribelli, e autorizza anche l’organizzazione di una ‘polizia popolare’. Ma non concede quello status speciale ambito dai separatisti, rimandato ad una legge distinta e solo per la durata di tre anni. I detrattori, come Liashko e Timoshenko, temono si tratti comunque di una minaccia all’integrita’ territoriale del Paese, di una "capitolazione al Cremlino", che oggi ha condannato le violenze definendole "allarmanti" e "inaccettabili".
I sostenitori, invece, sono convinti che la concessione di una maggiore autonomia al Donbass aiutera’ l’Occidente ad incalzare Putin sul rispetto degli accordi di Minsk-2, a partire dalla tregua, dal ritiro delle truppe "straniere" e dal ripristino del controllo dei confini. A quattro mesi dalle scadenze fissate dall’intesa dello scorso febbraio, minata dalla prosecuzione di un conflitto a bassa intensita’ con morti quotidiani tra combattenti e civili, e’ tempo di tirare le somme. Ci proveranno anche i leader dei quattro Paesi del formato Normandia (Germania, Francia, Russia e Ucraina), forse in un summit a margine dell’assemblea generale dell’Onu, quando potrebbero incontrarsi anche Putin e Obama.
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