Lo Stato è pronto a irrigidire il 41 bis per i mafiosi. E’ l’annuncio che fa, forte e chiaro, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, minacciando il pugno duro dopo le minacce di questi giorni al pm di Palermo, Nino Di Matteo, scoperte in seguito a un’intercettazione ambientale di Totò Riina. ”I boss devono sapere che, se proveranno a far uscire informazioni o ordini dal carcere, lo Stato non avrà nessuna timidezza per impedirlo ed è pronto a rendere più dura la normativa sul 41 bis", tuona Alfano da Milano, in occasione della riunione della Commissione antimafia. E parlando della sicurezza dello stesso Di Matteo, come di altri procuratori sotto minaccia, spiega che "abbiamo offerto ai magistrati di Palermo ogni disponibilità che è nei poteri dello Stato . Oltre a quello che abbiamo offerto per la loro protezione, non c’è nulla di più efficace. Siamo dalla parte di Di Matteo e dalla parte di tutti i magistrati che sono impegnati in trincea e in prima linea".
Alfano, in audizione, ha poi spiegato che "le organizzazioni criminali rimangono uno dei principali fattori di sottosviluppo del Sud, la più grave minaccia alla libertà economica delle diverse aree produttive del Paese" anche perché "nonostante il progressivo affinamento delle loro attività nello spazio immateriale degli scambi finanziari e delle relazioni d’ affari, il tratto che contraddistingue la mafia da ogni altro sodalizio criminale resta tuttora legato al controllo del territorio da cui derivano controllo e prestigio". L’Expo 2015, ha garantito però Alfano a Milano, "sarà totalmente mafia-free". A dividere la politica sono però non certo le parole di Alfano, condivise in modo bipartisan, quanto la decisione della presidente della commissione Rosy Bindi di non invitare alla riunione il presidente della Regione Lombardia (nonché ex titolare del Viminale) Roberto Maroni, la cui esclusione ha portato alla defezione di tutti i membri della delegazione leghista per protesta. La commissione ha così deciso di calendarizzare un’audizione con Maroni per gennaio. "Mi ha chiamato la presidente Bindi, dicendo che è stato un errore, rimedieremo – ha chiosato il diretto interessato – Non serbo rancore nei confronti di nessuno".
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