Sei concerti, tutti sold out. Lunedì scorso il primo. Sei date da tutto esaurito, i biglietti polverizzati in due ore. Pubblico in delirio all’Arena di Verona, e lui, Ligabue, nel gran finale senza orchestra. Alle sue spalle, sul grande schermo, un minuto di scritte ad effetto. Indro Montanelli, Giraudoux, e soprattutto Jim Hendrix, leggendario chitarrista. “Quando il potere dell’amore avrà superato l’amore per il potere, si avrà la pace”. Frase buona, ottima, per ogni tempo, più che mai attuale oggi. Ligabue, con questi sei concerti, saluta il disco di tre anni fa e annuncia il nuovo, dedicato a più brucianti e corrosive riflessioni sulla crisi che strangola l’Italia e il mondo. Il devastante evento del potere sul presente e sul futuro che verrà. Luciano Ligabue in trionfo, e sul grande schermo dell’Arena di Verona, durante la magica esibizione, l’omaggio agli amici veri che se ne sono andati: Dalla, Little Tony, Cerami, Enzo Jannacci, Margherita Hack. Il nuovo album è ancora senza titolo. Ma Ligabue ha ritenuto di non doversi esimere dal darne un saggio, non solo l’annuncio.
Il singolo “Il sale della terra”, eseguito alla fine, ha scatenato il tripudio dei fan, pazzi di entusiasmo e di ammirazione quando Liga da Correggio ha cantato “Una vita da mediano”, una delle canzoni più riuscite del vasto intenso repertorio del rocker emiliano. La metafora di fatica e piedi che corrono sulla terra con umiltà, al servizio di una causa superiore.
Ligabue all’Arena, 160mila spettatori per sei concerti e non sette, come lui avrebbe voluto. Maniacale attaccamento lo lega a quel numero. Ma gli organizzatori non hanno potuto accontentarlo, l’Arena non aveva più date a disposizione. Altrimenti ci sarebbero state altre repliche, in considerazione del tutto esaurito totale registrato per le sei serate. Spigliato e spavaldo, in grande forma a 54 anni, il nuovo look, fresco sposo da nove giorni appena, Ligabue non ha mostrato turbamenti neppure in presenza della pioggia che ha bagnato l’Arena e il pubblico per lunghi tratti. Bagnate anche le pedane, al punto da causare un goffo scivolone di Liga, per fortuna senza conseguenze. La struggente serata è volata via in un attimo. Mai un momento di stanchezza, gli spettatori a bocca aperta e con le mani spellate dal continuo applaudire, in un alternarsi di pezzi con la sola band e altri impregnati di musica sinfonica.
I pezzi dell’ultimo disco di inediti “Arrivederci, mostro”, datato 2010. E la staffetta dei classici con la folla entusiasta e adorante: “Happy Hour”, “Urlando contro il cielo”, e “Buonanotte Italia”, mostrando sul grande schermo non solo le abituali carrellate di facce di italiani, ma in sequenza, stavolta, anche gli amati amici scomparsi di recente, da Lucio Dalla a Margherita Hack. Uno dei momenti più toccanti del concerto, sottolineato da ovazioni e cori da stadio. Quasi come quel giorno, ricorderete, a Campovolo di Reggio Emilia: 180mila fan osannati per godere del Liga celebrante dei suoi primi quindici anni di attività.
Scaglie di ottimismo ha proposto Ligabue sul palco dell’Arena con “Il meglio deve ancora venire”. Parole di fiducia, sussurri; lui non è il tipo da inni. Propone domande, confeziona slogan, intriga, interessa. Le sue canzoni sono roba vera, solida, compatta, tosta, spesso incartate nell’ironia talvolta dolente. E di slanci qua e là teneri o dai contenuti erotici: “Piccola stella senza cielo” e “L’odore del sesso”. Brani che sembrano agli antipodi l’uno contro l’altro, invece sono legati da un filo comune: il pensiero di Ligabue, ora pervaso dal
desiderio/necessità di descrivere il momento che stiamo attraversando. Un gran brutto momento.
Sei concerti da tutto esaurito anche per rilanciare il senso della filosofia canora del Liga. Che si è sviluppata e arricchita nel corso di anni di studi e di sperimentazioni. Alla base di tutto la conoscenza e la consapevolezza di sapere quanto strano e imprevedibile sia il percorso delle canzoni. E la convinzione personale sempre presente nelle sue analisi musicali: “Un buon modo di definire una canzone è capire se è utile. Nel corso degli anni ho avuto l’impressione che almeno tre o quattro delle mie canzoni siano risultate effettivamente utili. A qualcosa o a qualcuno”. A tanti, a molti, caro grande Liga. “Mai visto un musicista comunicare col pubblico come sa fare Luciano”, dice tanto, tutto, il bellissimo verso firmato Fabrizio De Andrè.
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