"Non bisogna perdere un minuto, bisogna intervenire in Libia con una missione Onu, la comunità internazionale deve capire che è cruciale per il futuro dell’Occidente". Lo afferma il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, in una intervista a Repubblica, nella quale si mette sulla stessa linea del premier Renzi in merito all’ipotesi di una missione di peacekeeping a Tripoli. E precisa: "Vogliamo restare nel quadro delle Nazioni Unite, alle quali chiediamo di comprendere che la Libia è una vera e propria priorità. La situazione è di tale urgenza che è superfluo dare i tempi, bisogna farlo subito. Ad esempio, quanto successo oggi alla nostra motovedetta avvicinata da una barcone con quattro persone armate di kalashnikov è la prova di quanto è spregiudicata, inumana e criminale sia l’azione della più macabra agenzia viaggi del mondo, quella dei trafficanti di esseri umani".
Alla domanda sulla possibilità che l’Italia possa partecipare ad una azione militare risponde: "Martedì incontreremo i rappresentanti dei colossi web per intensificare la cooperazione nell’allerta precoce sul transito in Rete dei messaggi degli estremisti e giovedì sarò a Washington per un summit organizzato dalla Casa Bianca tra 20 paesi per il contrasto del terrorismo internazionale. Non entro nei dettagli che competono al Parlamento e ad altri colleghi di governo, ma a Washington ribadirò che la lotta al terrorismo interno parte dallo spegnere i fuochi che divampano nell’altra sponda del Mediterraneo: non si può perdere un solo minuto", "la cosa essenziale è trovare tutte le formule perché ci sia una copertura internazionale, non può trattarsi di un gruppo di volenterosi perché sarebbe la prova che non tutti hanno capito che questione libica è strategica per il futuro dell’Occidente".
"Le minacce contro il nostro Paese purtroppo non sono una novità e il nostro allerta era già elevatissimo, lo prova il decreto antiterrorismo approvato la scorsa settimana e potenzieremo ulteriormente l’attività che da dicembre ha portato all’espulsione di 17 sospetti". In merito alle minacce dell’Isis al ministro Gentiloni, precisa: "Abbiamo deciso di elevare al massimo la sua protezione". E precisa anche in una intervista al Mattino: "Noi abbiamo rafforzato l’apparato normativo introducendo il reato a carico di chi decide di andare a combattere con l’Isis. È aumentata la prevenzione estendendo ai sospettati di terrorismo le stesse norme previste per i sospettati di mafia, dal possibile ritiro del passaporto all’eventualità di spegnere i siti internet nei quali si sospetta che si veicolino messaggi di stampo terroristico. Daremo poi ulteriore impulso all’attività che dalla fine di dicembre ha portato all’espulsione di 17 sospetti. E nel contempo proseguiremo con le operazioni di controllo straordinario del territorio coordinate dal comitato di Analisi strategica anti-terrorismo".
"L’avanzata del Califfato in Libia accentua tutti i profili di rischio" ma "ora il problema non sono Triton o Mare Nostrum, ma la Libia: la scelta forte di politica estera che riguarda la comunità internazionale e l’Onu del fare della Libia una priorità assoluta. Se le milizie del Califfo avanzano più velocemente delle decisioni della comunità internazionale come possiamo spegnere l’incendio in Libia e arginare i flussi migratori? Rischiamo un esodo senza precedenti e con una difficoltà di controllo. Per controllo intendo la capacità di ridurne il numero e quella di intercettare potenziali jihadisti".
"Ci dobbiamo rimproverare la gestione delle operazioni successive alla caduta dell’ex leader libico (su cui ovviamente non intendo esercitare alcuna indulgenza): nel 2011 si era dichiarato lo stato di emergenza sul versante dell’immigrazione ma il tema era la Tunisia. Oggi davanti a noi c’è uno Stato che subisce l’avanzata di una organizzazione come l’Isis e come quella del Califfo che hanno ambizioni, soldi e uomini che nessuno ha mai avuto".
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