Si è saputo che Renzi, per le elezioni europee, metterà solo donne come capolista Pd in tutte le circoscrizioni. Altro che par condicio di genere e quote rosa. Qui si arriva all’assurdo e si vuol stravolgere la realtà, perchè sono i maschi quelli che, tuttora e maggioritariamente, si occupano di politica.
Per la stessa ragione è anche paradossale che si voglia pretendere per legge che la metà dei parlamentari siano donne. Da tempo certe estremizzazioni del politically correct stanno mettendo all’angolo la logica ed anche il semplice buon senso.
Dobbiamo ribellarci e contrastare queste tendenze. Anche per questo, vorremmo augurare al Pd un grande flop alle prossime elezioni, se non fosse che temiamo andrebbe a vantaggio del M5S, il che sarebbe peggio.
Per contrastare i soprusi di una parte della magistratura e per opporci a certe direttive che ci vengono imposte da Bruxelles, c’è da sperare invece in un buon risultato per Forza Italia e per i Fratelli d’Italia.
Il partito capitanato da Giorgia Meloni afferma giustamente che non è più l’ora della moderazione (come nel nostro piccolo facciamo noi da diverso tempo). I cittadini sono incavolati neri, a causa della crisi e del perpetuarsi di situazioni intollerabili, e della mancanza di interventi efficaci. Chi finora ha raccolto questa profonda insoddisfazione è stato il movimento di Grillo. Il quale, invece di convogliare l’ira verso obiettivi condivisibili, si ostina ad attaccare la Tav e le altre opere, le quali, lungi dall’essere la causa dei nostri mali, sarebbero un valido strumento per migliorare le comunicazioni e per facilitare la ripresa e la crescita di lavoro.
Sorprende il fatto che, in queste critiche circostanze, Berlusconi si appelli ancora e sempre ai “moderati”, ai quali si rivolge anche Alfano. L’accondiscendenza dei parlamentari eletti nel Pdl ed ora del Ncd, che si sono messi al seguito del Pd, non può piacerci. Un conto è concordare la riforma del Senato e la legge elettorale, come opportunamente ha fatto Berlusconi, e cosa ben diversa è l’appoggiare il governo in tutte le misure che sta o non sta prendendo.
La concessione degli ottanta euro in busta paga, infatti, ci lascia poco convinti, perchè non appare certa la disponibilità delle risorse e soprattutto la loro continuità nel tempo. È invece prevedibile che, passate le elezioni e venendo i nodi al pettine, il governo, come è accaduto da più di due anni a questa parte, imporrà nuove tasse e gabelle. A nostro modesto parere, l’opposizione di Forza Italia dovrebbe essere diretta a raccogliere, oltre ai moderati, soprattutto i tanti indecisi e i troppi elettori che si lasciano incantare dal populismo di Grillo.
A dare ragione ai sondaggi, il governo attuale gode comunque di buona salute. Ma non lo giureremmo per il futuro. Non è con l’eliminazione fittizia delle province, delle quali si mantengono i costi, nè con ottanta euro in più a una fascia di occupati, che si risolvono i problemi dei disoccupati e quelli del paese.
Se adesso per Renzi la riforma elettorale non è più urgente, ci domandiamo perchè non si voglia metter mano a quelle riforme che non rappresentano un costo per lo Stato. Parliamo in primo luogo della burocrazia, della riforma della giustizia e di quella del lavoro. Le quali in buona parte potrebbero essere a costo zero, o quasi. Se in Italia una causa non durasse dieci anni e se, per aprire e gestire un’attività, invece di molte decine di autorizzazioni e incombenze burocratiche e fiscali, ne fossero necessarie solo tre o quattro, come in altri Paesi, si faciliterebbe la creazione di posti di lavoro e si eviterebbe la chiusura delle imprese, che purtroppo continua ogni giorno.
Ai giovani è bene ricordare che, subito dopo le elezioni vinte nel 2008, il governo del Pdl si accinse ad approvare la riforma del lavoro, e fu bloccato in tutti i modi, compreso uno sciopero generale. Adesso vediamo in tv che i rappresentanti del Pd, facendo affidamento sulla scarsa memoria dei cittadini, accusano Berlusconi di non aver fatto le riforme, e fanno finta di dimenticarsi che, nel 2005, era stata approvata una riforma costituzionale e la riduzione del numero dei parlamentari, e che fu proprio la sinistra a convocare uno sciagurato referendum, che nel 2006 ne decise la revoca. Conoscere la Storia, oltre che doveroso, sarebbe utile per evitarne gli errori.
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