Roma – Vicepresidente del MAIE Argentina, medico e originario di Bolzano, il senatore Claudio Zin è stato eletto con il Movimento Associativo di Ricardo Merlo al Senato e fa parte del gruppo per le Autonomie. A ItaliaChiamaItalia spiega perché il governo Letta suscita numerose perplessità "sia per gli italiani residenti in Italia che per gli italiani residenti oltreconfine".
Senatore Zin, lo scorso 5 dicembre ha presentato, insieme agli altri senatori eletti nella Circoscrizione estero, una mozione che impegna il governo all’immediata sospensione di tutte le decisioni fin qui prese per il riorientamento della rete consolare così come progettato dal ministero degli Affari Esteri. È rottura con il MAE?
“La decisione di sottoscrivere insieme ai colleghi eletti all’estero la mozione deriva prioritariamente da una ragione, ovvero, l’inaccettabilità del fatto che noi membri del Comitato per gli italiani all’estero del Senato non siamo stati neppure interpellati sulla decisione di chiudere le 14 sedi consolari che hanno già chiuso i battenti (o che stanno per farlo) e, oltre a ciò, il fatto che solo adesso che si paventano altre 23 chiusure tra consolati ed agenzie siamo stati formalmente sentiti. Troppo tardi”.
Quale riforma alternativa propone?
“L’apertura di nuovi uffici consolari nelle aree del mondo dove si stanno orientando parecchi interessi economici italiani è legittima, ma non può significare lo smantellamento degli uffici presenti nei classici territori di emigrazione, come Nord e Sud America e Australia e l’abbandono dell’assistenza a chi, emigrato, ha contribuito a costruire l’Italia dall’estero con notevoli sacrifici. Per proporre una riforma che possa dirsi invece ragionevole e condivisibile, la mozione pone come prima condizione quella di presentare alle commissioni competenti un piano di ri-orientamento della rete e dei servizi diplomatici consolari in linea con le direttive contenute nella legge sulla revisione della spesa ma in invarianza dei servizi, con il rapporto della Commissione spending review del ministero degli Affari esteri nel 2012 e con le linee indicate dal programma di lavoro del commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica. Dobbiamo sforzarci di immaginare cioè soluzioni organizzative nuove e che siano compatibili con le nostre possibilità di spesa”.
In Senato sembra molto attiva la collaborazione tra eletti all’estero. Siete riusciti a trovare un’armonia di intenti, al di là delle appartenenze politiche?
“Collaborare, da posizioni politiche differenti, è sempre difficile ma non impossibile. L’esistenza stessa del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, di cui sono vicepresidente vicario, rappresenta un’occasione importante per scegliere una strategia di collaborazione su un programma di proposte valide attraverso cui svolgere un’azione più incisiva. In questo senso da poco abbiamo presentato una lettera a Letta per indirizzare l’azione di governo sulle questioni che riguardano gli italiani residenti all’estero”.
Proprio in Senato, nella legge di stabilità, sono stati approvati 5 milioni da destinare agli italiani nel mondo: il grosso andrà a CGIE e Comites, oltre che alla stampa estera. Per i connazionali indigenti solo le briciole, così come per la cultura. Non si potevano destinare meno soldi al CGIE e di più agli altri settori?
“Partiamo da una situazione di tagli generalizzati. I 5 milioni di euro da destinare agli italiani nel mondo non sono chiaramente sufficienti. Nella condizione di indisponibilità di risorse in cui ci troviamo, si corre il rischio di dare il messaggio sbagliato che i connazionali in condizione di necessità vengano considerati gli ultimi a cui dare risposta. O che prima di loro vengano Comites e CGIE”.
Infatti, è proprio questo il messaggio arrivato agli elettori.
“Bisogna però anche riconoscere che il mancato rinnovo di Comites e CGIE rappresenta un vero e proprio vulnus alla democrazia e che il costo attuale della loro riforma deriva dall’aver esteso la durata del loro mandato a quasi il doppio del tempo, recando danno alla credibilità di questi organismi rappresentativi che, invece, oggi più che mai, meritano attenzione, soprattutto in considerazione della Riforma costituzionale che vuole rimettere in discussione la Circoscrizione Estero. Infine, quanto ai 4 milioni distribuiti tra CGIE e stampa estera, preciso che sono ‘solo’ 2 i milioni stanziati per finanziare il voto elettronico per le prossime elezioni che dovrebbero svolgersi entro marzo 2014. Senza dilungarmi sulle riserve relative al passaggio da voto per corrispondenza a quello elettronico, ritengo che con un budget così limitato sarà difficile garantire una ampia partecipazione”.
Finora il governo Letta non ha fatto molto per gli italiani nel mondo. Come intende agire il MAIE su questioni come, ad esempio, l’Imu per i residenti all’estero?
“Sono numerose le perplessità sul governo Letta, sia per gli italiani residenti in Italia che per gli italiani residenti oltreconfine. Come ribadito in una precedente dichiarazione, l’Imu, il primo tra gli otto punti presentati dal MAIE lo scorso aprile al presidente della Repubblica ed intesi quali priorità per il nuovo esecutivo, rischia di recidere quel legame importantissimo con il luogo di origine che l’abitazione di proprietà rappresenta per i cittadini italiani residenti oltre confine, specie per le seconde e terze generazioni. L’imposta sulla prima casa, cancellata a dicembre, tornerà a gennaio per i contribuenti di 2375 centri in Italia, comuni che avevano alzato le aliquote oltre quelle fissate dal governo. Non possiamo ancora dirci quindi del tutto soddisfatti e per questo la tassazione della casa in Italia dei connazionali oltre confine rimane un tema per il quale noi eletti MAIE continueremo a batterci”.
Finora non ha ancora presentato alcuna proposta di legge. Ha in programma di presentarne qualcuna su temi specifici legati agli italiani nel mondo?
“Stiamo lavorando a una proposta di legge per aumentare i fondi a sostegno dei connazionali residenti all’estero in condizioni di indigenza ed è anche in cantiere una proposta per tentare di risolvere la questione della pesificazione asimmetrica delle pensioni italiane in Argentina. Oltre a ciò, i temi della cittadinanza, stampa, lingua e cultura italiane all’estero, made in Italy, rete consolare, riforma del voto e rappresentanza degli italiani all’estero, sono sempre all’ordine del giorno nell’agenda del MAIE”.
Lei ha scritto al ministro Lorenzin spiegando che “l’attuale modello di assistenza sanitaria per gli italiani nel mondo non funziona come dovrebbe”. Come dovrebbe essere riorganizzato, secondo lei?
“Prima di rispondere, premetto che la lettera rivolta al ministro Lorenzin si riferiva precisamente al regime di assistenza sanitaria ai cittadini italiani residenti in Argentina, con lo stato di emigrato ed ai titolari di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, e loro familiari a carico, e che la lettera stessa era finalizzata a chiarire a quanto ammontino le risorse accantonate per la mobilità sanitaria internazionale. Premesso ciò e considerata l’esistenza della convenzione del 18 gennaio 1983 n. 32, accordo bilaterale vigente tra Italia ed Argentina, ho ritenuto necessario sollecitare l’attenzione del ministro per chiedere di garantire lo stesso livello di assistenza medica agli italiani residenti in Italia e ai connazionali residenti in Argentina. E tra questi, soprattutto a coloro che si trovano in condizione di indigenza, per i quali, il Progetto A.V.A. realizzato dal presidente del MAIE Ricardo Merlo in collaborazione con la Regione Veneto, può certamente considerarsi ancora un modello vincente”.
Lei è un medico. Che cosa pensa della vicenda del metodo Stamina dal punto di vista scientifico? E, dal punto di vista politico, qual è la sua opinione sul braccio di ferro tra il ministro Lorenzin e il Tar del Lazio?
“Per quanto riguarda la vicenda stamina, la mia posizione è semplice. Si tratta di un doppio errore a monte e che prescinde dal giudizio personale etico sull’argomento. In primo luogo, come dichiarato dal Tar del Lazio, la composizione del Comitato scientifico del Ministero era manifestamente imparziale, dato che alcuni dei componenti si erano espressi contro il metodo stamina già prima ancora di essere nominati dal ministro della Salute. Secondariamente, la bocciatura presentata dal Comitato scientifico ha generato un grave errore nell’applicazione del metodo scientifico di ricerca. Le risorse pubbliche rese disponibili per la metodologia sono state destinate a laboratori pubblici, che invece dovrebbero erogare cure scientificamente provate e che per di più si sono trovati a dover interrompere di colpo la sperimentazione senza poter confermare la validità del trattamento, a scapito del diritto del paziente ad essere curato”.
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