Il nostro titolo è ovviamente provocatorio. Chiariamolo subito: l’Italia non è come la Grecia, per tutta una serie di motivi che qui di seguito descriveremo. Ma questo non significa che non possa in futuro avere un destino simile a quello del paese bandiera nera dell’eurozona per eccellenza. E in effetti, nell’estate del 2011, sembrava che fossimo molto vicini al default. Lo spread aveva raggiunto picchi altissimi, il debito pubblico sembrava impazzito e il paese sembrava una nave alla deriva nel mare della crisi economica. Poi, come per la Grecia – anche se non con la stessa irruenza – arrivarono i diktat della Troika, per mezzo della famosa lettera di Mario Draghi.
Abbiamo avuto una breve conversazione con Adriano Conti del portale finanziario eurusd.it e abbiamo cercato di scoprire: l’Italia è fuori pericolo? Ecco un breve riassunto di quello che aveva da dire:
Secondo il governo sembrerebbe di sì, ma la realtà è che il debito pubblico non ha mai smesso di salire, l’economia non ha ripreso seriamente a crescere (anche se ci sono i primi timidissimi segnali di ripresa) e tutti gli indicatori parlano di un impoverimento della popolazione. Tuttavia, l’economia italiana è enormemente diversa da quella greca. Siamo un grande paese industrializzato, con risorse che la piccola Grecia non ha mai avuto. Inoltre, ed è un fatto da non sottovalutare, siamo “too big to fail”, cioè troppo grandi per fallire. Un nostro fallimento causerebbe un terremoto economico di portata inimmaginabile, che l’Unione Europea, con la Germania in testa, vuole evitare a tutti i costi. Niente a che vedere con la Grecia, il cui abbandono dell’Euro sembrava diventato, durante la crisi di questa estate, ampiamente accettabile per l’UE.
Detto questo, l’Italia non è certo al riparo dal rischio di default che tiene al momento la Grecia appesa ai voleri di BCE, FMI e UE. Per evitarlo bisogna tornare a far crescere l’economia in modo duraturo, attraverso investimenti a lungo termine che sostengano il potere di acquisto delle famiglie, piegate da sette anni di crisi durissima. Oltre a questo, bisogna stimolare gli investimenti, attraverso operazioni come sgravi fiscali, velocizzazione della burocrazia e della giustizia, repressione dell’economia illegale e informale che nei fatti costituiscono concorrenza sleale in molti campi.
Il problema è il reperimento dei fondi, certo, ma come è ovvio a chiunque i fondi diventano sempre meno se l’economia non cresce, e bisogna fare qualcosa per invertire la tendenza. Come dicevamo, ci sono piccoli segnali di crescita, ma difficilmente possono essere considerati sufficienti, tenuto conto anche delle nubi che si affacciano all’orizzonte: la crisi della borsa cinese, il rallentamento dell’economia tedesca, lo stallo di quella francese. L’Italia deve aumentare i suoi sforzi e prendere scelte coraggiose, che vadano in controtendenza con il regime durissimo di tagli che ha impastoiato l’economia – e soprattutto i consumi – negli ultimi anni.
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