Dario Rivolta, classe 1952, forzista della primissima ora (è stato responsabile Esteri e vicepresidente vicario dell’Associazione Azzurri nel Mondo, che per anni ha rappresentato Forza Italia all’estero), deputato per tre legislature (dal 1996 al 2008), è stato intervistato da Cristiano Puglisi per Il Ghibellino, blog de Il Giornale.
Tra i vari temi, Rivolta ha parlato anche del recente viaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Casa Bianca: “A Giorgia Meloni è ben chiaro che l’Italia non può permettersi né di allontanarsi dall’Europa né di farlo con gli Stati Uniti.
L’Unione Europea è il nostro primo mercato di esportazione e gli Stati Uniti sono attualmente il secondo.
Dazi doganali di Trump permettendo, il nostro surplus commerciale con gli USA è attualmente di circa 40 miliardi di dollari, mentre la sola Unione Europea rappresenta più del 51% di tutto il nostro export.
Dal punto di vista economico, se il nostro Paese non facesse parte dell’Unione in un mondo globalizzato saremmo soltanto un pesce piccolissimo, con ciò che ne conseguirebbe.
È pur vero che la stessa Unione, mancando di unità politica, non conta molto politicamente, ma esserne fuori sarebbe ancora peggio.
Degli Stati Uniti è bene ricordare che, volenti o nolenti, essi sono, attualmente e tramite la NATO, la nostra unica e vera forza di difesa possibile.
Detto ciò, viste le difficoltà politiche che Germania e Francia incontrano attualmente, è ovvio che noi italiani si cerchi di sopperirvi rioccupando un protagonismo che negli ultimi anni si era totalmente oscurato. Da qui il viaggio della Meloni che, non lo si può negare, è stato un successo politico e soprattutto di immagine. Quanto alle conseguenze economiche per noi e per l’Unione Europea è ancora tutto da vedere”.
Avendolo conosciuto da molto vicino, si possono intravedere delle linee di continuità tra quella che era la politica estera di Silvio Berlusconi e quella dell’attuale governo di centrodestra? In molti hanno posto l’accento sulle differenze emerse, quando il Cavaliere era ancora in vita, in merito alla questione ucraina.
“Berlusconi aveva capito che l’abbraccio Francia-Germania tendeva a escluderci o farci giocare un ruolo secondario. Per questo si è avvicinato alla Gran Bretagna e, contemporaneamente, alla Russia e agli USA.
Anche grazie alla sua capacità di intessere buoni rapporti personali con Bush e Putin l’operazione gli riuscì, suscitando tuttavia il risentimento di Parigi e Berlino che non gradivano il protagonismo dell’Italia.
Il cambio di presidente negli Stati Uniti, l’azione congiunta di francesi e tedeschi e la guerra continua contro Berlusconi fatta dalle sinistre italiane ed europee hanno dato poi inizio alle sue difficoltà.
Considerato che alcune condizioni geopolitiche sono mutate, il Governo Meloni cerca di perseguire la politica di Berlusconi con i necessari cambiamenti che tengono conto dei nuovi equilibri.
Quanto alla guerra in Ucraina Berlusconi, a mio giudizio, aveva ragione quando si è espresso come si sa; per non fare la fine di Berlusconi, Meloni e la sua maggioranza hanno deciso di appoggiare la guerra dell’Occidente contro la Russia.
Molti politologi sono portati a pensare che, se avesse avuto un atteggiamento differente, sarebbe stato improbabile vederla ancora lì come presidente del Consiglio”.