Il Presidente del Movimento Associativo Italiani all’Estero, Ricardo Merlo, ha proposto ai suoi colleghi – specialmente gli eletti all’estero -, in una intervista rilasciata a ItaliaChiamaItalia, di costituire un gruppo parlamentare per gli italiani all’estero. Come risposta ha trovato un deciso NO da parte di alcuni eletti all’estero. Altri hanno preferito nascondersi dietro il silenzio. Salvo l’On. Renata Bueno – guardate caso eletta in una lista “indipendente” – che entusiasta ha dato la sua disponibilità, gli onorevoli eletti nelle liste di partito hanno detto no. A loro l’unione degli eletti all’estero in un solo gruppo parlamentare non interessa.
Con grande sincerità, è giusto riconoscerlo, Alessio Tacconi (M5S) ha considerato che per loro la strada proposta da Merlo è “impercorribile”, perché se si riuscisse a fare un solo gruppo sarebbe composto di “persone legate al proprio partito”. Cioè gli interessi del partito di appartenenza sono più forti che gli interessi degli elettori (gli italiani all’estero) da continuare a obbedire le segretarie di partito, anche nel caso di costituzione di un gruppo parlamentare degli italiani all’estero.
Gli eletti del PD, Fabio Porta e Laura Garavini hanno detto semplicemente di no perché Merlo e Borghese (i parlamentari del Maie) sono colpevoli di non partecipare alle sedute del “Comitato per gli italiani nel mondo della Camera”, dimostrando così con questa dichiarazione che semplicemente non hanno capito nulla della proposta di Merlo.
Specificamente la risposta di Porta mette in uno stesso piano un “Comitato” con un “Gruppo Parlamentare”, la quale è una assurdità. Un elefante e un cane sono due animali sì, ma per più grosso che sia il cane e più fiacco l’elefante, quest’ultimo avrà sempre un peso proprio diverso. Comitati per gli italiani nel mondo sono già esistiti nelle precedenti legislature: con quale risultato?
Non si tratta di continuare ad andare avanti solo con strumenti che, anche se utili, si sono finora dimostrati insufficienti per riuscire a ottenere risultati concreti a favore della comunità degli italiani nel mondo. Merlo non parla di Comitati interni della Camera o del Senato. Parla di un’altra cosa: di cambiare strategia. Di dotarsi anche di uno strumento più efficace. Di superare le divisioni, di avere il coraggio di rinunciare al partito che ti garantisce la candidatura e di unirsi. Di unirsi in un solo gruppo, non di continuare a riunirsi in Comitati, in cui ognuno continua a fare la sua “parte”. Unirsi e riunirsi suonano uguali, ma sono cose diverse. Perché si fa finta di non capirlo?
Anche Aldo Di Biagio (Scelta Civica), sembra aver detto “no”: “Una supposizione di questo tipo presuppone una disponibilità concreta che, finora, non ho mai visto da parte di nessuno”. Di Biagio ha dato la risposta più intelligente e tristemente realista: manca volontà politica da parte degli eletti all’estero di unirsi. Gli altri eletti all’estero hanno preferito il silenzio. Forse perché da una parte è impossibile loro contraddire Merlo, senza riconoscere che non si vuole lavorare uniti, e dall’altra perché non vogliono alienarsi con i capi del proprio partito soprattutto in un momento di instabilità politica come l’attuale che li costringe – davanti alla possibilità di elezioni anticipate – a mantenere più che mai i “buoni rapporti” (ubbidienza) con le segreterie di partito che decidono di candidarli o no.
Probabilmente l’appello di Merlo continuerà a non essere ascoltato dai parlamentari eletti all’estero, ma siccome noi italiani all’estero non siamo sordi non mi meraviglierei se il “grido nel deserto” di Merlo (come l’ha definito il collega Augusto Sorriso intervistato da Italiachiamaitalia.it) sarà sempre più forte e più ascoltato dai nostri connazionali oltre confine.
Mariano Gazzola, Coordinatore MAIE Argentina
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