Il governo italiano deve cercare ad ogni costo un accordo con Tsipras, perché il nostro "sarebbe il Paese più colpito" da una eventuale Grexit, evento destinato a produrre anche "un rapido contagio politico", perché "se l’Europa implode, è assolutamente possibile che alle elezioni di autunno la Spagna passi in mano agli anti-europeisti e poco dopo lo stesso destino possa colpire l’Italia". Lo sostiene l’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, in una intervista alla Stampa.
"L’Italia deve favorire un accordo perché ha un canale aperto con la Grecia; perché non è la Spagna che non può permettersi la vittoria a mani basse di Tsipras. E all’Italia conviene una soluzione perché è più esposto della Germania in rapporto al Pil; perché ha più bisogno di ripresa, per calmare una situazione sociale ferita; perché, a crisi perdurante, le famose macrocondizioni potrebbero subire una pericolosa inversione".
Secondo Letta "c’è una finestra di opportunità in queste ore: il referendum ha oggettivamente rafforzato Tsipras, che al tempo stesso – allontanando Varufakis – ha dimostrato duttilità. E d’altra parte i leader europei non hanno detto ‘game over’. Entrambe le parti hanno fatto il loro gioco, ora l’esito sta soprattutto nelle mani di Tsipras. Nelle prossime 48 ore ci sono le premesse per un happy end, per un accordo su una ipotesi mediana, per un onesto compromesso".
"Il vero senso del vertice di Parigi? Paradossalmente non lasciare da sola la Germania, che in queste ore si sente nel ‘mirino’ di mezza Europa. Certo, il metodo comunitario va salvaguardato, ma bisogna evitare che la Germania si auto-isoli".
Letta sottolinea che "l’Europa è nel cul-de sac da tempo e siamo arrivati ad un punto nel quale ci sono soltanto due opzioni: o più Europa o meno Europa. L’attuale status quo non regge più", "davanti ad una crisi come questa, è il momento del ‘when in trouble go big’, quando le cose vanno male, devi alzare il tiro. Una massima che ha portato l’Europa alla prima integrazione europea dopo la fine del secondo conflitto mondiale, all’allargamento e alla moneta unica dopo la caduta del Muro. Ora davanti a questo terzo terremoto, dobbiamo andare verso l’Europa federale, gli Stati Uniti d’Europa", "oramai si è capito che un’Europa a metà servizio fallisce e dunque servono le due velocità. Sul binario meno veloce, l’Unione attuale a 28 Paesi, senza ulteriori processi di integrazione, per favorire una piena e convinta permanenza al suo interno della Gran Bretagna. Sull’altro, l’Europa della ‘zona euro’ che deve accelerare il percorso di integrazione".
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