Il tempo, come dice Enrico Letta, sara’ anche scaduto, ma l’impressione e’ che sull’emergenza lavoro il governo italiano non possa fare piu’ di tanto. L’eurovertice di Roma con Francia, Germania e Spagna e’ servito a ragionare su una miriade di microinterventi (dai fondi Bei ai minibond delle Pmi) e rappresenta un’accelerazione delle liturgie di Bruxelles, ma la sostanza e’ sempre la stessa: risorse limitate e soprattutto un no deciso del governo tedesco alla revisione del patto di stabilita’. E’ probabile che Letta sperasse in un risultato migliore dopo aver sottolineato piu’ volte che l’Italia non accettera’ di uscire a mani vuote dal Consiglio europeo di fine mese. Invece persino sulla golden rule, cioe’ lo scorporo degli investimenti dai vincoli di bilancio, il ministro delle Finanze tedesco Wolgang Schaeuble ha ribadito la sua contrarieta’. Posizione che a Berlino e’ contrastata dal candidato Cancelliere socialdemocratico Peer Steinbrueck secondo il quale bisogna concedere piu’ tempo ai Paesi in recessione per rientrare nei tetti stabiliti da Bruxelles.
Per questo motivo il premier ha detto che bisogna saper dire dei no: un monito, sulla scia di quello di Giorgio Napolitano, ai partiti della maggioranza che per motivi elettoralistici pretendono l’impossibile (allusione ai tagli Iva e Imu) ma anche un avvertimento ai partner europei di non tirare troppo la corda: il lavoro sui fondi strutturali e sull’anticipo di quelli accantonati per la lotta alla disoccupazione e’ importante, ma e’ chiaro – come dice anche Nichi Vendola – che gli italiani rischiano di smarrirsi nel balletto di cifre di un’Europa di soli numeri e di annunci contraddittori a livello nazionale (vedi il tiro alla fune tra Pd e Pdl), quando bisogna avere il coraggio di rinegoziare alcuni impegni con l’Ue.
Questa sembra la vera dead line della ripresa. Il ministro dell’Economia Saccomanni ripete che la crescita passa per il consolidamento di bilancio, cioe’ per il rispetto dei tetti, ma non tutti sono d’accordo. Se, come sottolinea con sarcasmo Beppe Grillo, la situazione dell’esecutivo e’ quella del ‘no tengo dinero’, e’ chiaro che le risorse per lo sviluppo vanno cercate in altre direzioni, nelle politiche keynesiane di espansione in deficit. In fondo e’ quello che hanno ottenuto Francia e Spagna con i due anni aggiuntivi di rientro nel parametro del 3 per cento.
La posizione di Letta diventa ogni giorno piu’ delicata. Dai vertici internazionali difficilmente il premier otterra’ quel sostegno che si augurava. Solo Francois Hollande sembra deciso a dare battaglia sulla lotta alla disoccupazione ma in un contesto di alleanza con Berlino che diluisce fatalmente i tempi. Un’attesa che rischia di rivelarsi disastrosa per il nostro Paese. Anche perche’ infuria nel frattempo lo scontro sulle cure di primo intervento: per gli industriali l’obiettivo prioritario e’ il taglio del cuneo fiscale per rilanciare produzione e consumi; il Pdl invece ritiene imprescindibile confermare il taglio dell’Imu e il blocco dell’aumento Iva: secondo Brunetta e Gelmini infatti bisogna valutare gli effetti macroeconomici di un mancato intervento sul piano di un’ulteriore depressione dei consumi che riduce a cascata il gettito fiscale (gia’ cominciato sul fronte Iva). E anche il Pd comincia a pensare che la posizione dei berlusconiani vada valutata con attenzione. Per il governo sarebbe tutto piu’ facile se potesse contare almeno su un quadro politico di unita’. Invece deve fare i conti con un immenso cantiere a cielo aperto.
Nel Pd c’e’ un’aspra lotta tra almeno una decina di correnti in vista di un Congresso che vedra’ comunque contrapposti i renziani (appoggiati da Veltroni e da Prodi) ai dalemiani e ai bersaniani con Franceschini e Letta in posizione d’attesa. Una situazione di grande incertezza che indebolisce inevitabilmente il governo. Ma anche il Pdl e’ percorso da malumori e ansie dettate dalla paura che Silvio Berlusconi possa alla fine ridisegnare completamente il partito mettendolo nelle mani di una nuova classe dirigente. E anche il Movimento 5 Stelle sembra alla vigilia di una grande trasformazione: la denuncia del capogruppo Riccardo Nuti di compravendita dei parlamentari pentastellati prepara il terreno ad una resa dei conti interna ad appena tre mesi dalle elezioni. L’occasione sara’ il processo dei gruppi alla senatrice Adele Gambaro per le sue critiche a Grillo: la parlamentare e’ meno isolata di quanto si possa pensare e se non andra’ in porto il tentativo di evitare il voto sulla proposta di espulsione, si potrebbe assistere alla prima, vera spaccatura del M5S.
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