A un mese e mezzo dal voto di fine febbraio l’Italia non ha un governo. La situazione del BelPaese è drastica, ma le forze politiche non riescono a mettersi d’accordo. Colpa anche di quel Pier Luigi Bersani che non riesce a capire che non è tempo ormai di divisioni politiche, ma di mettersi a lavorare nell’interesse della Nazione. Il segretario del Pd, in una lettera al quotidiano “La Repubblica”, scrive: “Ci vuole un Governo, certamente. Ma un Governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un Governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico". Dunque, no a un “governissimo”, altrimenti "predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori". "La proposta che ho avanzato assieme al mio partito (Governo di cambiamento, convenzione per le riforme) non e’ proprieta’ di Bersani – ricorda il leader Pd – ripeto quello che ho sempre detto: io ci sono, se sono utile. Non intendo certo essere di intralcio. Esistono altre proposte che, in un Paese in tumulto, non contraddicano l’esigenza di cambiamento e che prescindano dalla mia persona? Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci dire: per chi crede nella dignita’ della politica e conserva un minimo di autostima, queste sono ovvietà! E’ forse meno ovvio ribadire una mia convinzione profonda, cui farei fatica a rinunciare. Il nostro Paese e’ davvero nei guai. Si moltiplicano le condizioni di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta di fiducia. Ci vuole un Governo, certamente. Ma un Governo che possa agire univocamente". Al solito, a dirla tutta, non si capisce bene cosa intenda fare Bersani: perché un governo a guida Pd, senza il sostegno delle altre forze, non potrà nascere. E dunque? Un accordo con il PdL, come suggerito da Matteo Renzi e da tanti altri insieme a lui, sembra davvero inevitabile. La matematica non è un’opinione. Ma questo Bersani si ostina a non capirlo. Attirandosi, naturalmente, le critiche del PdL, che invece vorrebbe dare una guida al Paese prima possibile.
"Bersani? Sono passati 43 giorni piu’ o meno dalle elezioni e il tutto e’ insopportabile. Il tutto e’ dovuto a Bersani e all’egemonismo avventurista e irresponsabile del Pd. Non e’ possibile che un Paese come l’Italia da 42-43 giorni rimanga senza un governo a causa di Bersani e dei suoi compagni. Mi interessa poco il dibattito interno tra falchi e colombe nel Pd, mi interessano i problemi del Paese e considero Bersani irresponsabile". Parole di Renato Brunetta, capogruppo del PdL alla Camera, secondo il quale quelli del Pd “cercano di prendersi il Presidente della Repubblica che li tratti in maniera diversa da Napolitano e mandi Bersani alle Camere per raccattare in maniera avventurista una qualsiasi maggioranza per fare il governo. Questo sarebbe un colpo di Stato".
Renato Schifani, presidente dei senatori pidiellini, è convinto che le chiavi per sbloccare lo stallo sono nelle mani del Pd e per questo auspica che "l’interesse del Paese prevalga sulle alchimie e i pregiudizi di carattere politico in capo al Pd. Penso che fino a oggi abbia fatto prevalere al proprio interno la logica della tutela dell’identità del partito all’interesse nazionale”.
Non usa mezzi termini Daniele Capezzone, coordinatore dei dipartimenti Pdl: “Il fatto che dopo 43 giorni dal voto si sia tutti ancora qui a decifrare una letterina criptica di Bersani, a fare i conti con l’epistolario del segretario Pd, il quale peraltro conferma la linea di chiusura e quasi ammonisce i dirigenti del suo partito che avevano aperto a noi, e’ letteralmente disarmante. Che altro deve succedere perche’ Bersani si decida a sciogliere i nodi? Resta l’amarezza – conclude l’esponente PdL – per un Paese bloccato da 43 giorni dall’ostinazione di un non-vincitore che vorrebbe tutto il potere senza consenso e senza numeri".
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