Timidi spiragli di tregua a Gaza nel sesto giorno di guerra tra Israele e Hamas. Dopo un’altra giornata di raid, razzi e morti, in serata il gabinetto di sicurezza del premier israeliano Benyamin Netanyahu si è riunito per esaminare la proposta di cessate il fuoco recapitata dall’Egitto a coronamento degli sforzi negoziali condotti da ieri al Cairo con gli emissari delle due parti.
Secondo la radio pubblica israeliana, il governo Netanyahu pare intenzionato a chiedere una sospensione delle ostilita’ di 24-48 ore per permettere di elaborare i termini di un accordo di piu’ lungo periodo. In questo caso, Israele potrebbe pensare ad un alleggerimento di quel blocco sulla Striscia di Gaza di cui Hamas invoca la fine integrale tra le precondizioni di un’intesa.
In mattinata lo Stato ebraico si era confermato pronto per un’operazione di terra contro Gaza, sottolineando tuttavia – anche sotto la spinta di Barack Obama e della comunita’ internazionale – di preferire una ‘soluzione diplomatica’. Indicazione che sembra aver agevolato al Cairo la trattativa mediata oggi direttamente dal presidente Moahmed Morsi con il leader di Hamas Khaled Meshaal.
Il braccio di ferro tra Israele (sei le condizioni poste) e Hamas parte comunque dalla richiesta incrociata di un preventivo stop delle azioni militari della controparte, che nelle ultime sono sembrate in effetti rallentare, ma per ora senza fermarsi. Prima della mezza fumata bianca arrivata in serata a livello politico, sul campo le operazioni erano proseguite anche oggi, con i raid su Gaza (di nuovo centrato il Media Center, con 4 persone uccise) e razzi sulla fascia sud di Israele, non a Tel Aviv pero’. In serata, poi, due ulteriori incursioni aeree israeliane hanno fatto almeno otto morti nella Striscia, distruggendo in particolare un’altra famiglia (padre, madre e due bambini di 4 e 2 anni) a Beit Lahiya. Obama dalla Birmania ha continuato il suo pressing sui Paesi che hanno influenza nella regione, chiamando sia Morsi sia Netanyahu con l’obiettivo di disinnescare le violenze, a partire dalla fine del lancio di razzi da Gaza verso Israele. Anche l’Europa (oggi l’inviato del quartetto Tony Blair e’ in Medio Oriente) ha parlato chiaro: i suoi ministri degli Esteri hanno chiesto l’immediata cessazione delle ostilita’.
A dar man forte, domani arriva in Israele e nei Territori (ma non a Gaza) il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon per incontri con il premier di Israele e con il presidente dell’Autorita’ nazionale palestinese Abu Mazen. Subito dopo, al Cairo, Ban vedra’ anche i vertici della Lega Araba. Pur in presenza di questa ‘spallata’ diplomatica alla guerra, il bilancio del confronto sul campo resta pesante: le vittime da parte palestinese sono arrivate a 109 secondo fonti di Gaza (oltre a 750 feriti), e una ventina sono i bambini uccisi sulla base delle stime dell’Unicef, che ha ricordato inoltre i piccoli israeliani coinvolti tra i 50 civili feriti dalla caduta dei razzi nello Stato ebraico. Dall’avvio di ‘Colona di Nuvola’ l’aviazione israeliana ha detto di aver colpito 1350 ‘siti terroristici’. Nelle incursioni di oggi, non e’ stato colpito solo il Media Center – usato secondo Israele come ‘nascondiglio’ dalla Jihad – ma anche il campo di calcio di Gaza da dove, hanno ripetuto oggi i portavoce militari israeliani, erano stati sparati razzi verso Israele.
La guerra ha avuto i suoi riflessi anche sul versante comunicativo e psicologico: se Israele ha cercato di interferire nelle trasmissioni di al-Aqsa Tv, un’emittente di Hamas (cosi’ come ieri si era impadronito della frequenza di una radio a loro vicina), le Brigate Ezzedin al-Qassam in un video in ebraico diffuso su Youtube hanno ammonito sul ritorno degli attacchi suicidi: ‘Aspettateci presto… Nelle vostre fermate dell’autobus, nei vostri caffe”. Del resto, lo stesso Meshaal in una conferenza stampa al Cairo aveva avvertito che un’invasione di terra non sarebbe stata ‘un pic-nic, ma un disastro politico’ per Israele e il suo primo ministro.
Netanyahu e il ministro della Difesa Ehud Barak, tuttavia, possono d’altra parte contare su un forte appoggio degli israeliani ai raid: secondo un sondaggio di Haaretz, l’84% e’ schierato con loro. Ma il governo avrebbe solo il 30% del consenso interno nell’ipotesi di un’invasione. Operazione contro cui mettono in guardia sia l’autorevole analista militare Amos Harel sia vari intellettuali: che, a cominciare dallo scrittore Amos Oz, hanno rivolto un appello al premier per una tregua. La palla, ora, e’ nel campo israeliano. Ma la situazione resta comunque appesa a un filo.
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