Arrestata la famiglia Ligresti al completo. Da questa mattina, Salvatore Ligresti – il patriarca, coinvolto nell’inchiesta Fonsai – si trova agli arresti domiciliari nella sua casa di Milano, mentre sono finiti tutti dietro le sbarre i tre figli, Giulia, Jonella e Paolo. Quest’ultimo però si troverebbe all’estero, in Svizzera, dove è residente: per lui è scattato il mandato di cattura europeo. E’ stata la Procura di Torino, secondo quanto ha detto il procuratore aggiunto Vittorio Nessi, a decidere di procedere con le misure cautelari nei confronti della famiglia Ligresti sia per le concrete possibilita’ di fuga, sia per il rischio di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.
La Guardia di Finanza di Torino, sempre nell’ambito dell’inchiesta Fonsai, ha arrestato anche gli ex AD Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta e l’ex vicepresidente Antonio Talarico.
Le ipotesi sono di falso in bilancio aggravato per grave nocumento al mercato e manipolazione del mercato mentre, per i componenti della famiglia Ligresti e per le altre persone arrestate, il reato contestato è quello di false comunicazioni sociali.
Il procuratore aggiunto di Torino Vittorio Nessi, commentando l’operazione, ha dichiarato: “Emerge uno spaccato inquietante: un uso strumentale di una societa’ come Fonsai, laddove risulta essere stata piegata all’interesse di una parte dell’azionariato. L’effetto e’ stato perdita di credibilita’ e il tradimento di piccoli azionisti".
FONSAI: DA CUCCIA A UNIPOL, LA FINE DELL’IMPERO LIGRESTI Dal mattone alla finanza, fino agli arresti. L’impero LIGRESTI si sgretola a colpi di inchieste giudiziarie: nel mirino finiscono prima i trust riconducibili a Salvatore LIGRESTI, poi i conti di Fonsai, fino ai rapporti con Mediobanca e la fusione con Unipol. Se negli anni il patrimonio cresce insieme al peso specifico nei salotti che contano, l’ascesa della famiglia negli ultimi anni inizia a vacillare fino al ‘salvataggio’ con la compagnia assicurativa bolognese voluta da Piazzetta Cuccia. Il passaggio di mano dal patron ai tre figli Jonella, Paolo e Giulia e’ sempre piu’ difficoltoso e l’uscita di scena, da una porta secondaria, oggi sembra quasi scontato. Per i LIGRESTI c’e’ un filo conduttore che corre dall’inizio alla fine della parabola: i rapporti con Mediobanca. Rapporti che risalgono all’amicizia dell’Ingegnere con Enrico Cuccia e che i successivi manager della banca d’affari hanno sempre tenuto nella debita considerazione. Accompagnando LIGRESTI dalla conquista della Sai fino alla complessa operazione con Unipol. Mediobanca, fino alle privatizzazioni degli anni ’90, e’ l’unica banca autorizzata a concedere finanziamenti a lungo termine. Per questo, il benestare di via Filodrammatici e’ un passaggio obbligato per chi vuole fare il salto e diventare una grande impresa. Nel caso di LIGRESTI sono la rete dei rapporti personali e le partecipazioni di Sai a rappresentare le chiavi giuste per entrare nelle grazie di Cuccia. Tanto da indurlo a fare da tramite anche con Gianni Agnelli, portando l’immobiliarista a Villar Perosa a colazione. Del resto, il modo di operare dell’immobiliarista siciliano e’ stato da subito adatto ad una crescita ‘assistita’ nel sistema: piu’ si cresce e piu’ si investe, sempre rilevando piccole quote societarie. Tanto da conquistarsi l’appellativo di ‘Mister 5%’, a testimoniare la capacita’ di accumulare partecipazioni minori, ma sempre strategiche.
Due sono i momenti chiave nell’ascesa di Ligresti. Innanzitutto gli anni ’80, quelli della ‘Milano da bere’, dominata dai socialisti di Bettino Craxi. Sono gli anni in cui si stringe ancora di piu’ il rapporto fra Salvatore Ligresti e Cuccia. E’ anche il sistema di relazioni che vede al centro l’uomo di Paterno’ a favorire la privatizzazione di Mediobanca, nel 1988. Alla protezione di Cuccia si deve, invece, lo sbarco a Piazza Affari della capogruppo della galassia Ligresti, Premafin. Ma sono soprattutto gli ultimi dieci anni a certificare che il rapporto con Mediobanca e’ sempre piu’ solido. Dopo Tangentopoli, che lascia a Ligresti una condanna penale firmata dal pool di Mani pulite, il costruttore siciliano rischia di perdere buona parte del patrimonio. Ma resiste e, sempre grazie ai buoni uffici di Piazzetta Cuccia, rilancia. Nel 2002 arriva la fusione tra la Sai di Ligresti e la fiorentina Fondiaria, ai tempi controllata dalla Montedison. E’ Vincenzo Maranghi a ‘benedire’ la nascita del primo polo assicurativo italiano del settore rc auto. Un’operazione che fa raddoppiare il giro d’affari della famiglia Ligresti. L’indicazione che Mediobanca impartisce con forza, e che porta in Fonsai sulla poltrona di amministratore delegato un manager del calibro di Enrico Bondi, e’ quella di amministrare la nuova societa’ con grande rigore. Ma la stagione di Bondi dura poco e nella galassia Ligresti dilaga la gestione familiare, con i figli di Salvatore che vengono sistemati nei consigli di amministrazione di tutte le societa’ e delle loro controllate. La passione per i cavalli di Jonella, le borse Gilli per Giulia e Paolo che deve fare i conti con un padre che continua ‘a dettar legge’ portano alla cronaca degli ultimi mesi.
Per i Ligresti l’unica speranza per non arrivare al fallimento e’ quella fondersi con un altro gruppo. Individuato, sempre da Mediobanca, in Unipol. Piazzetta Cuccia nel corso degli ultimi dieci anni ha concesso un miliardo e cinquanta milioni di crediti nei confronti delle aziende dei Ligresti . E, come nel 2002, e’ in prima fila in un’operazione che ormai ha assunto tutte le caratteristiche di un vero e proprio ‘salvataggio’. In una situazione ormai finanziariamente insostenibile, Mediobanca e’ costretta a chiedere, con la dovuta decisione, un passo indietro a Ligresti e alla sua famiglia, non senza sollevare piu’ di qualche obiezione. L’obiettivo e’ di assicurare un futuro industriale a Fonsai e anche quello di limitare i danni per tutti i creditori, a partire proprio da Piazzetta Cuccia , e per la stessa famiglia Ligresti. Un passaggio di mano che portera’ all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ad di Piazzetta Cuccia Alberto Nagel per ostacolo agli organi di vigilanza per il presunto patto occulto. Un altro episodio che complica rapporti sempre piu’ delicati, mentre le procure di Milano e Torino indagano, le autorita’ di controllo a vigilare accendono i riflettori sulle complesse vicende finanziarie e l’impero scricchiola. Oggi, forse, l’uscita di scena dopo 30 anni.
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