Roma – O uniti, o morti. È un continente che può – e deve – cambiare, quello dipinto dal candidato di Forza Italia Paolo Bartolozzi nel suo libro ‘La nuova frontiera dell’Europa’, nel quale riassume le linee guida del suo programma politico, dalla rivisitazione della Banca centrale europea all’adozione di un esercito e di una linea estera comune. Cresciuto nella Democrazia cristiana, per la quale è stato segretario organizzativo nella provincia di Firenze, Bartolozzi ha ricoperto diversi ruoli a livello regionale e nazionale, fino a diventare eurodeputato nel 2001 subentrando a Silvio Berlusconi.
Membro delle commissioni Ambiente e sicurezza alimentare e Agricoltura e sviluppo rurale, l’eurodeputato racconta a Italiachiamaitalia.it lo sviluppo agricolo italiano di questi anni dovuto anche ai finanziamenti europei. E, in attesa di presentare il suo libro a Roma il prossimo 15 maggio (ossia oggi, l’intervista è stata fatta ieri, ndr), a partire dalle 17.30 presso la Rusk Academy Europe in via Panisperna, Bartolozzi bacchetta chi, in Italia, mette in discussione l’utilità della circoscrizione estero. “È molto utile far sentire, anche all’Europa, la voce unita di tutti coloro che decidono di trasferirsi all’estero”.
‘La nuova frontiera dell’Europa’. Per quale motivo, On. Bartolozzi, ha scelto di scrivere un libro su un tema ormai abusato? Di Europa si parla molto, ma la si conosce altrettanto?
“Con questo libro-intervista volevo sottolineare tre passaggi fondamentali. Il mio primo intento è stato raccontare le azioni che ho cercato di realizzare in Europa e l’impegno che ho portato nella mia attività come parlamentare. Allo stesso tempo, però, volevo far conoscere e rimarcare quanto l’Europa si occupi di cose concrete, che riguardano la quotidianità di tutti noi”.
Da molti, però, l’europarlamento non viene vissuto come un’istituzione quotidiana.
“Proprio per questo ho voluto far capire quanto, in realtà, l’Europa sia vicina e in che misura si occupi di problemi pratici, che caratterizzano anche tanti gesti e momenti che diamo per scontati. L’Europa si occupa di sanità, di sicurezza alimentare e della contraffazione, solo per fare alcuni esempi. All’opinione pubblica l’Ue sembra distante ma, in effetti, è molto più vicina di quanto non si pensi”.
Se l’Europa è così vicina e utile, per quale motivo non riesce a farlo percepire?
“Questo è l’altro aspetto che ho voluto sottolineare nel mio libro, proponendo una considerazione. L’Europa ha tanti meriti ma si tratta, ormai, di meriti acquisiti, appartengono al passato e risalgono in parte alla storia stessa dell’unione e ai padri fondatori. Oggi l’Ue deve conquistarsi nuovi riconoscimenti e dimostrare di essere in grado di affrontare e vincere le sfide che la globalizzazione impone, a partire dall’attuale crisi economica finanziaria, una delle più gravi che la storia abbia conosciuto. Tutto questo significa che c’è bisogno di un’Europa diversa, ora dobbiamo costruire un’unione che sia capace risolvere i problemi più urgenti che conosciamo tutti, come l’occupazione, la ripresa e la questione dell’euro”.
Come si realizza, in concreto, questa Europa?
“Innanzitutto bisogna partire dall’euro. Se vero che è la nostra moneta, come deve essere, abbiamo bisogno di una Banca centrale europea che operi effettivamente come tale, che sia come la Federal Reserve americana. Non deve imporci solamente il rigore monetario ma, al contrario, deve avere il potere effettivo di battere moneta quando c’è bisogno di liquidità e di applicare una reale politica di tassi e cambio, per raggiungere una maggiore parità tra euro e dollaro e sostenere l’export, non come accade ora. Allo stato attuale dei fatti, la Bce ha i poteri solo per applicare cure che uccidono il paziente, invece di guarirlo. Infine, serve una forte reindustrializzazione dell’area euro. In questi anni ci siamo impoveriti troppo, se non produciamo ricchezza andiamo verso il declino. Il rischio è un lento trascinarsi verso la fine”.
Lei è stato eurodeputato ed è nuovamente candidato. Per quale motivo non si è realizzato tutto quello di cui parla, in particolare la riforma del ruolo della Bce?
“Per i problemi legati alla nuova politica che andrebbe imposta alla Bce. Tutti conoscono l’ostilità della Bundesbank nei confronti dell’idea di attribuire maggiori poteri alla Bce che, però, non deve essere al servizio di qualche paese. L’accordo di Maastricht presupponeva già una governance politica e una serie di azioni che non si sono mai verificate”.
L’Ue è nell’occhio del ciclone anche per la questione dei migranti. È d’accordo con Alfano e Renzi, quando parlano di un’Europa che “ci ha lasciati soli” a fronteggiare l’emergenza Lampedusa?
“Le dichiarazioni di entrambi confermano un’Europa che vive il problema dell’immigrazione come una questione solamente italiana, mentre è una vicenda che riguarda tutti gli stati membri. L’Europa deve fare un passo in avanti, è l’ulteriore conferma che servono una politica di difesa comune e una politica estera comune. Se così fosse, questo problema verrebbe affrontato in modo immediato, attraverso una strategia unitaria”.
Quali sono i primi punti del programma con il quale si candida a tornare nell’europarlamento?
“Intendo sostenere una forte battaglia per una Bce che abbia i reali poteri di una banca centrale, puntare a proteggere la produzione europea con un preciso regolamento e, infine, realizzare un esercito comune europeo, necessario per realizzare un’unione reali. Questi sono i tre punti fondamentali”.
Non teme l’effetto elettorale dei movimenti ostili alla moneta unica?
“Mi sembra che il sentimento antieuro esista in tutti i paesi europei. In questi anni l’Ue non è riuscita a dare risposte convincenti ai nuovi problemi, c’è bisogno di rivedere queste questioni e il ruolo dell’Europa nei confronti di esse. L’Europa, così com’è oggi, non è percepita come utile e funzionale. C’è bis di un’Europa che recuperi la sua funzione positiva, se non farà questo rischierà di mettere in discussione la sua stessa sopravvivenza”.
È stato membro della commissione Agricoltura. L’Italia ha saputo sfruttare adeguatamente i finanziamenti europei previsti? O anche in questo settore non si è attinto abbastanza ai finanziamenti disponibili?
“Sì, l’agricoltura italiana ha sfruttato molto la politica comunitaria, tanto che è l’unico settore cresciuto in questi anni di crisi. Ciò vuol dire che l’Italia ha saputo utilizzare i fondi europei nel modo giusto, anche se rimangono alcune regioni e zone nelle quali i finanziamenti non sono stati sfruttati al meglio”.
Per quali motivi? Burocrazia o mancata pubblicità?
“In realtà credo che i motivi siano più legati alla crisi finanziaria. I finanziamenti europei non sono a fondo perduto e, spesso, all’agricoltore manca l’altra parte, quella che non viene rimborsata. C’è poi un’oggettiva difficoltà burocratica che, talvolta, impedisce o rende difficile la gestione dei soldi a livello locale”.
Avendo lavorato in Europa, sarà abituato a operare in un contesto internazionale. Che cosa pensa di chi, invece, propone di abolire la circoscrizione estero e ridurre, così, l’italianità a un mero requisito residenziale? Nell’epoca della globalizzazione è ancora possibile ragionare con un’ottica così limitata?
“Non sono affatto d’accordo con chi propone l’abolizione. La circoscrizione estero è, invece, molto utile. È importante far sentire la voce, anche verso il Parlamento europeo, di tutti quegli italiani che per lavoro, per scelta o per altri motivi vanno all’estero”.
Forza Italia appare in declino. È in caduta nei sondaggi e anche lo stesso Berlusconi non sembra più il protagonista mediatico di un tempo. Come sopravviverà il partito, ora che anche il suo leader è offuscato?
“Al di là della presenza di Berlusconi, Forza Italia ha sempre rappresentato la voce dei moderati in Italia e in Europa. È il partito che detiene la tradizione dei valori occidentali e credo che valga la pena mantenerli”.
Ma attualmente quale nome, nel partito, potrebbe ereditare la leadership?
“Questo si vedrà con il tempo”.
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