Se rimane nel partito è finito, se lo lascia è finito: così sintetizzano i commentatori politici di lungo corso. Ci pensa poi lo stesso capo -padrone a calare la briscola: i ministri si sono dimessi perché temono di perdere consenso. Della serie: non è per salvare la patria, ma per salvare il loro culo, proprio come me, che penso solo a evitare l’arresto!
E’ un altro invece il tormento amletico di Angelino Alfano: essere o non essere? Parricida e capitano coraggioso o passivo esecutore di ordini stilati dal cerchio magico berlusconiano? Noi non avremmo dubbi nella scelta: ma certo non siamo politici in carriera nè dobbiamo rinunciare a legittime ambizioni di successo e di potere; nel nostro piccolo, tuttavia, possiamo portare ad esempio la nostra esperienza matrimoniale: dinanzi a un marito diventato troppo potente e prepotente, abbiamo preso valigie e figli e siamo andati a respirare aria pura lontano da una condizione che si prospettava servile, rinunciando a privilegi e prestigio sociale. Le difficoltà non sono mancate, ma non ce ne siamo mai pentiti, nella fiera convinzione che la dignità non è in vendita.
Vorremmo essere visibili, potere arrivare direttamente alla porta di Alfano e portargli la solidarietà (e i voti) dei tanti elettori arcistufi dei capricci di un ex leader carismatico rivelatosi prepotente e presuntuoso oltre che vile. Magari facesse costui la fine di Silvio Pellico come gli ha prospettato Ghedini, sarebbe il triste compimento di un destino tormentato, ma gli lascerebbe un posto diverso nella Storia.
Coraggio, Angelino! Liberati della catena e cammina da solo! Se il padre diventa un tiranno che vuole imporre le scelte, il figlio deve fuggire e cercare la sua strada. Nessuno potrà fartene una colpa.
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