E’ provato ma sta bene Federico Motka, il cooperante italiano rilasciato dopo aver passato oltre un anno nelle mani di un gruppo qaedista nel nord ovest della Siria che lo ha "torturato" e trasferito "per sei volte". Il giovane di 31 anni e’ arrivato stamane a Ciampino dove e’ stato accolto dal ministro degli Esteri Federica Mogherini e ora, dopo essere stato sentito dai pm a Roma come da prassi nei casi di rapimento, vuole solo trascorrere del tempo con la sua famiglia che ha mantenuto un’assoluta riservatezza sin dal giorno del suo rapimento, il 12 marzo 2013, vicino al confine con la Turchia.
Un riserbo religiosamente rispettato anche da colleghi e amici del cooperante. Come d’altra parte nel silenzio piu’ totale hanno lavorato il ministero degli Esteri e l’Unita’ di crisi della Farnesina fino alla liberazione ieri annunciata da un tweet del premier Matteo Renzi. "E’ stata una gioia poterlo accogliere, grazie al lavoro di tanti che si sono impegnati in questo anno per arrivare a questo risultato", ha detto Mogherini sottolineando come "non sempre il silenzio e’ segno di assenza di lavoro, anzi come dimostra il caso di Federico si lavora sempre, si lavora comunque".
Il ministro ha ringraziato "tutti coloro che hanno lavorato per la felice soluzione del caso e in particolare l’Unita’ di Crisi della Farnesina e i nostri servizi di sicurezza, e la famiglia per la fiducia dimostrata nelle istituzioni italiane". Subito dopo il suo rilascio Motka, 31 anni, ha raccontato all’agenzia turca Anadolu di essere stato rapito da uomini armati del gruppo qaedista dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) – di cui ha visto la bandiera – di essere stato torturato e trasferito sei volte. Ma sulla dinamica del suo sequestro sono ancora poche le informazioni.
Quello che si sa con certezza e’ che il cooperante si trovava ad Atmeh, uno dei campi profughi di siriani in fuga dalla repressione del regime di Damasco nella regione nord-occidentale di Idlib, come coordinatore di interventi umanitari per conto dell’organizzazione non governativa francese Acted. In precedenza, aveva lavorato in altri territori di guerra e ad alto rischio, come l’Afghanistan.
Con la liberazione di Motka, l’unico italiano scomparso in Siria e sulle cui sorti non si hanno notizie certe rimane Paolo Dall’Oglio, fatto prigioniero da miliziani qaedisti nel nord del Paese lo scorso 29 luglio. Ieri e’ arrivata l’ennesima notizia non confermata sulla presunta uccisione del gesuita italiano, seguita dalla smentita di attivisti locali secondo i quali e’ ancora prigioniero ma vivo. "In questo momento non abbiamo elementi certi che possano confermare in via definitiva ne’ una tesi ne’ l’altra", ha detto oggi il ministro Mogherini ribadendo che Farnesina e Unita’ di crisi stanno lavorando "con grande determinazione".
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