Da tre anni a questa parte l’Italia non ha peso in Europa e nel mondo. Per esempio, riguardo alla crisi ucraina, l’Italia si è appiattita sulle scelte dell’Europa e degli Stati Uniti d’America, guidati dal presidente Barack Obama. Il risultato di ciò è stato la perdita dei commerci, dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di bloccare tutti i prodotti provenienti dagli Stati Uniti d’America e dai Paesi dell’Unione Europea, i Paesi che hanno sanzionato la Russia. Le nostre aziende (che esportavano in Russia) hanno perso parecchi ordini e soldi. Inoltre, la Francia si è opposta al mantenimento di quel rapporto deficit/PIL del 3%. Anche altri Paesi sono insofferenti verso questo diktat europeo (imposto dalla Germania) e l’hanno più volte dimostrato.
L’attuale premier italiano Matteo Renzi dice che quel parametro è "antiquato", ma poi afferma anche che è tenuto a rispettarlo. Non contento di ciò, il Governo chiude le ambasciate ed i consolati all’estero. Oltre a mettere in difficoltà gli italiani all’estero, questa mossa rappresenta un arretramento dell’Italia nel mondo. Sembra che l’Italia non abbia neppure voce in capitolo in Europa. Non riesce nemmeno a difendere il prodotto made in Italy. Basti pensare al fatto che l’Unione Europea abbia aperto al riso asiatico, danneggiando di fatto i risicoltori in Piemonte, in Lombardia e in Veneto.
Non parliamo poi della vicenda dei due marò prigionieri in India o dell’operazione "Mare nostrum" che l’Unione Europea tanto ha caldeggiato e che tanti immigrati clandestini ha fatto entrare qui in Italia, immigrati che gli altri Stati europei ora non vogliono.
Quando governava Berlusconi, l’Italia era in buoni rapporti con la Russia e con gli Stati Uniti d’America, con la Libia di Gheddafi e con Israele. Grazie all’accordo con Gheddafi, per esempio, gli sbarchi di immigrati non c’erano. Grazie all’accordo con la Russia, l’Italia aveva ottimi commerci. Anche l’amicizia con gli Stati Uniti d’America ed Israele aveva portato benefici. L’Italia di oggi è l’Italietta servile verso la Germania e questa Unione Europea tecnocratica, un’Italietta senza competitività e sempre più povera.
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