Il mal di fegato ce l’ha Chianciano. L’ha preso di brutto e gli fa un gran male. Città terminale per eccellenza, in provincia di Siena, simbolo del termalismo assistito, si ritrova letteralmente abbandonata. E spopolata: decine di cartelli di “vendesi” e “affittasi” in pieno centro, casa vuote e alberghi chiusi. Le acque termali restano prodigiose, ma l’appeal sembra sparito del tutto. Ricordate il vecchio adagio, lo slogan che funzionava come attrattiva della cittadina in Val d’Orcia, “Chianciano fegato sano”? Chianciano questa era e questa dovrebbe essere con le sue terme amiche del buon funzionamento del fegato. Un’istituzione delle cure termali, che tale non è più. Le acque sono sempre le stesse, il resto, il contorno, il sito e quant’altro, non c’è più. Della Chianciano che abbiamo conosciuto resta poco, quasi niente.
Lo slogan ha funzionato fino al 1992. A Chianciano è andata di lusso fino alla soppressione del congedo straordinario per motivi di salute. Il riconoscimento al lavoratore, da parte del datore di lavoro, di usufruire delle cure termali a carico dello Stato senza intaccare i giorni di ferie. Da allora, da quando il riconoscimento è stato abolito, è cominciato il malinconico declino di Chianciano. Fino ad arrivare alla visione che oggi si presenta agli occhi del visitatore: Chianciano vive un triste, opaco tramonto.
In tanti, un po’ tutti, sono/siamo passati a Chianciano. Luigi Pirandello vi soggiornò con la moglie Antonietta e i tre figli. Quella era la Chianciano di inizio Novecento. Pirandello si fermò per un lungo periodo di vacanza, che si rivelò particolarmente prolifico ai fini della produzione letteraria dello scrittore, commediografo e drammaturgo di Porto Empedocle. Proprio a Chianciano, nella quiete salutare delle terme, nacquero due deliziosi racconti del siciliano Premio Nobel per la letteratura. “Pallino e Minì” e “Acqua amara”. Le terme di Chianciano e, di conseguenza la città, sono state a lungo parte della cultura italiana. Frequentata dalla nobiltà e dalla migliore borghesia, Chianciano volava addirittura. I frequentatori erano alloggiati in piccole pensioni e godevano dell’effetto delle acque curative. Chianciano ha conosciuto nel dopoguerra il massimo splendore, al pari dei più importanti centri termali italiani.
Federico Fellini, colto da improvvisa crisi creativa, decise di venire alle terme per un periodo di riposo. Nacque così, nel ’93, “Otto e mezzo”. In quel film dal gusto raffinato e pieno di genialità, Marcello Mastroianni, nella finzione Guido Anselmi, tirò fuori una battuta che oggi acquisisce il significato di una profezia. “Una crisi di ispiration”? Se non fosse per niente passeggera, signorino bello? Se fosse il crollo finale di un bugiardaggio senza più crisi né talento?”. Oggi Chianciano è tenuta infatti a fare i conti con una pazzesca crisi d’identità, non solo con i disagi che arrivano dal mercato. La crisi, oltretutto, non è passeggera. Rischia di ucciderla, Chianciano. Qualche esempio? Case sfitte, offerte anche in vendita. Ogni due negozi se ne trova uno chiuso o in cessione. Vetri opachi a bizzeffe, avvisi di attività sospese, a piazza Italia, il cuore della città, e in via della Libertà. Non tirano più le boutique per le signore di buon gusto e di capaci portafogli. L’eleganza ha assunto l’aspetto del vintage. Nostalgia qua e là. Chianciano col mal di fegato, toccherebbe a lei inventarsi una cura termale in grado di restituirle almeno un buon aspetto.
Gli alberghi, poi. Costruiti lontano dal borgo etrusco, uno dopo l’altro negli anni del boom, oggi sono chiusi. O, se aperti e quando aperti, è lecito purtroppo chiedersi quali numeri siano in grado di fare, quali fatturati. I numeri sono infatti chiaramente in controtendenza. Turisti in giro? Di norma neppure a pagarli, un crollo verticale in termini di presenze. Meno 9,63% dal 2010 al 2011 e un ulteriore -5,08% nel 2012. Accusano un crollo verticale anche le strutture, il numero si è abbassato in maniera vertiginosa: 332 nel 1992, 177 nel 2012. Sarebbe in teoria un affare l’acquisto di un albergo. Duecentoquaranta euro al metro quadro alla vendita giudiziaria. Nessuno però si azzarda a comprare in questa che è diventata una città fantasma. Neppure la riconversione degli alberghi in appartamenti funziona. Il risultato finale è scontato: li chiudono e le lottizzazioni non partono. E quando partono, non vendono. Le acque di Chianciano, loro sì, conservano prerogative miracolose. Fanno bene al fegato e nessuno può contestarlo. La controindicazione è rappresentata dal mondo che intanto è cambiato. E cambiato è pure l’approccio verso il curare se stessi.
La crisi ha sconvolto Chianciano. Il Comune ha chiesto lo stato di crisi al governo. E siccome è distretto industriale non può godere degli ammortizzatori sociali. I grandi eventi in città sono un lontano ricordo. I principali partiti politici, per anni, hanno gareggiato per l’accaparramento del cinema Garden, in occasione dei loro congressi nazionali. Tutti, proprio tutti, senza alcuna distinzione di colore. Il cinema, punto di riferimento per gli altri paesi del circondario, è stato cancellato dall’apertura della multisala a pochi chilometri di distanza. Realizzata con le risorse della Mps, la struttura chiamata Palamontepaschi sarebbe dovuta servire per ospitare manifestazioni ed eventi di rilievo. A Chianciano non ce ne sono più.
Qualcosa di buono hanno portato, appena appena, le “Terme sensoriali” e qualcosa di buono si spera dalle cure idroponiche, care a Gabriello Mancini del Movimento Cinque Stelle, che non manca mai. Viene a Chianciano tutti gli anni. Ma anche in questo caso i numeri sono impietosi, meno 10%. Comunque la giri, le acque conservano tuttora prerogative miracolose, ma il fegato da curare ora è quello di Chianciano. Purtroppo non più sano.
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