Ai cittadini si aumentano le tasse e il Pd si accinge a cacciare Berlusconi. Senza timore di apparire più realisti del re, se non si troverà un rimedio ad entrambe le cose, riteniamo che il Pdl dovrebbe trarne le conseguenze, e togliere l’appoggio al governo Letta. Da quel che si vede e si sente, l’Italia continua a star male, anzi continua a peggiorare. Piú che alle affermazioni ottimistiche di Letta, occorre guardare nelle tasche dei cittadini, i quali, dopo l’aumento dell’Iva al 22%, la Tari, la Trise, gli annunciati aumenti delle aliquote comunali, e via dicendo, oggi stanno sicuramente peggio di due anni fa. Le affermazioni di Letta purtroppo ci ricordano quelle di Monti, con la luce che lui vedeva in fondo al tunnel. La luce poi è arrivata, ma è stata un treno di tasse e di nuovi disoccupati. Sembra però che una parte del Paese e dei politici che lo rappresentano, compresi purtroppo alcuni nel centrodestra, non si rendano conto della gravità della situazione, per la quale sarebbe necessaria una immediata cura da cavallo, da effettuare non certo sulle spalle degli stipendiati e dei pensionati.
Qui occorre ristrutturare l’intero Stato, a cominciare dalla Costituzione, la quale, per dove ci ha portato, è assurdo venga definita la più bella del mondo. Occorre dare un taglio, ben oltre la scarsa immaginazione di molti dei nostri attuali governanti, alla spesa pubblica e all’asfissiante burocrazia. È imperativo, oggi e non tra cinque o dieci anni, fare in modo che i procedimenti civili e penali debbano concludersi in tempi certi ed accettabili. Occorre ridurre il costo dell’energia. È necessario rinegoziare molte delle svantaggiose relazioni che ci legano all’Europa. E, non in ultimo, ma in primo luogo, occorre ridurre la pressione fiscale per le aziende e i cittadini. Il governo Letta sta facendo tutto il possibile in questo senso? Diremmo di no.
L’Italia si trova in condizioni di svantaggio rispetto a molti altri paesi della UE. La Germania si finanzia in euro pagando meno dell’1%, e si trova al centro dell’Europa. Noi ci dobbiamo finanziare in euro al 3% o al 4%, abbiamo la barriera dalle Alpi al Nord, e tutto il resto del territorio è proteso nel Mediterraneo, che da tempo ha smesso di essere il crocevia dei principali flussi del commercio internazionale. Eppure ci sono degli sciagurati che, con assoluta impunità da parte della magistratura, ostacolano con la violenza e le bombe molotov i lavori della Tav. Ci sono poi gli scriteriati buonisti, gli stessi che a cuor leggero avevano caldeggiato il nostro intervento armato nel Nordafrica, che ora si dicono commossi per gli sbarchi delle decine di migliaia di extracomunitari che, da dopo l’intervento, continuano ad arrivare sulle nostre coste. I nostri li vanno a prendere in mare, li rivestono e li rifocillano. E l’Europa non solo se ne lava le mani, ma ha anche la spudoratezza di farci la morale.
In questa situazione, francamente ci riesce difficile avere fiducia nella visione e nella determinazione di una parte dei componenti del centrodestra. I Quagliarello e i Cicchitto appaiono propensi alla transazione e all’appeasement, vale a dire all’accomodamento, con chi sta facendo di tutto per rendere impossibile la coabitazione. Forse per qualcuno l’aver salito con frequenza le scale del Quirinale, e sedere oggi alla destra del capo del Governo, addolcisce molto l’umore e lo rende svogliato all’idea dell’eventualità di lasciare l’incarico.
Sappiamo che alle poltrone ci si può affezionare. Ma se da un lato, a causa di una sentenza che milioni di cittadini ritengono assurda e basata su false motivazioni, si compirà la cacciata di Berlusconi dal Senato, e se, d’altro lato, la legge di Stabilità (brutto nome, in Italia abbiamo bisogno di cambiamento, non di stabilità) non verrà corretta in modo sostanziale nei suoi contenuti, non dovremo meravigliarci se si arriverà ad una crisi di governo.
Si dice che in Italia i moderati siano la maggioranza del Paese. Purtroppo la moderazione ha smesso da tempo di produrre i suoi frutti migliori. L’Italia governata dalla DC, dal dopoguerra e in poco più di due decenni, riuscì a fare il salto dall’essere un paese di contadini, a quello di grande potenza industriale, e con il premio Oscar delle monete assegnato alla lira. Ci fu poi una involuzione negli anni settanta e ottanta, durante i quali lievitò il nostro enorme debito pubblico. La rivoluzione liberale, annunciata da Berlusconi venti anni or sono, purtroppo è rimasta ampiamente inconclusa e si è arenata tra le difficoltà internazionali, e gli ostacoli tesi da coloro che hanno sempre remato contro. È lecito dubitare che oggi sia ancora e sempre il tempo della moderazione.
Occorrerà vedere se, nell’evenienza di una crisi, il Pdl resterà compatto sotto la rinnovata bandiera di Forza Italia (che, lo dobbiamo ammettere, di per se stesso è un passaggio difficile). Tuttavia, se nel partito dovesse materializzarsi la frattura che si vede latente, ne potrebbe derivare al governo la supremazia della sinistra, supremazia che non ha mai potuto conquistare e mantenere a conseguenza del voto. Tutto questo a meno che gli italiani non abbiano finalmente uno scatto di orgoglio, e si rifiutino di accettare che i nostri destini siano decisi da una parte della magistratura e dalle manovre di coloro che si accingono a cacciare dal Parlamento il leader del partito che, sulla carta, sarebbe il loro alleato.
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