Hanno controllato punto per punto il tratto della barriera che ha ceduto. Perche’ la tenuta dei new jersey del viadotto Acqualonga e’ uno dei punti chiave della strage di Monteforte Irpino (Avellino) che potrebbe spiegare perche’, la sera del 28 luglio, l’autobus e’ precipitato giu’. E perche’ sono morte ben 39 persone. Il pool dei 17 periti oggi, nel corso della terza giornata dell’incidente probatorio, per oltre dieci ore, ha fatto questo. Gli esperti nominati da tutte le parti coinvolte, per ore hanno verificato nel tratto interessato – nove new jersey-i cosiddetti ‘tirafondi’, cioe’ i tasselli di fissaggio: a tal fine sono stati prelevati e poi ricollocati anche due new jersey. Non solo, e’ stato anche esaminato il tratto precedente il cedimento della barriera: dal punto in cui, come si evince anche dalle immagini della telecamera di Autostrade per l’Italia, il bus ha perso il controllo, vale a dire 1,3 km. Del resto quello che si cerchera’ di dimostrare e’ perche’ le barriere hanno ceduto: se perche’ la manutenzione non era stata rispettata, se il fissaggio non era in qualche modo regolare o se invece l’impatto e’ stato cosi’ forte che non poteva essere retto neanche da barriere perfettamente a norma. Non a caso accogliendo la richiesta di una delle parti, tra le perizie rientreranno anche la conformita’ tra il progetto e la realizzazione del viadotto in cui e’ successo il fatto e una analisi comparata di un pezzo di new jersey integro con uno di quelli che hanno ceduto.
"Bisogna verificare le ragioni del crollo delle barriere – dice senza riserve Antonio Mirra, il legale dell’autista del bus, Ciro Lametta, anche lui vittima dell’incidente – un dato e’ chiaro a tutti, quelle persone sono morte cadendo giu’ da quell’altezza". Un esame, quello delle barriere che ha fatto slittare a venerdì il sopralluogo nella scarpata dove il bus e’ poi precipitato. Un tratto, quello a ridosso della strada provinciale, dove ci sono ancora i segni delle vite delle vittime. Si vedono ad occhio nudo nell’area sequestrata, dove dal terreno riaffiorano scarpe, abiti, ma dove ci sono anche pezzi del bus e delle barriere del viadotto. Segni di vite che sono anche stati ‘raccolti’ in un angolo. Ci sono ceri, tanti, e poi i rosari delle vittime che in quella gita erano erano andati anche al santuario di Padre Pio. E poi ci sono libri, occhiali, sandali, cappellini, ma anche colori, foto, biglietti scritti a penna. Quasi una sorta di angolo dei ricordi dove in tanti, ogni giorno, si fermano. A farlo e’ gente comune, che quella strage l’ha vista in tv. C’e’ chi si ferma per portare un cero, chi per farsi un segno della croce o accarezzare le foto. "Perche’ sono qui? – ha detto una signora di Avellino- Perche’ le persone che sono morte qui se lo meritano. E meritano anche riposte sul perche’ della loro morte".
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