Inutile dire che la presunta (e a tratti scontata) condanna di Silvio Berlusconi in Cassazione, la prima condanna definitiva, rappresenta una dinamite nel di dietro del governo. E se scoppiasse (se Berlusconi fosse condannato), le larghe intese andrebbero a farsi benedire. Il Cavaliere ha taciuto, sperando che il suo atteggiamento responsabile, ancora una volta, potesse mitigare questi disastrati delle Procure, che altro non rappresentano – oggi – che la destabilizzazione istituzionale del Paese. Senza troppi giri di parole: la vera crisi politica ed istituzionale dell’Italia la stanno mettendo in atto loro, i magistrati, a partire dalla Boccassini. Impossibile condannare un uomo perché avrebbe presumibilmente evaso tre milioni di euro in un periodo in cui con le sue aziende ne ha versato il 10.000% in più all’erario.
In nessuno Stato democratico un Silvio Berlusconi qualsiasi avrebbe potuto fare politica? Niente di più falso. È vero, Clinton si dimise per una storia di sesso. Ma la "puttana" era sotto la scrivania della sala ovale alla Casa Bianca, non in casa sua. Non giustifico certo la prostituzione, la condanno e ne condanno gli sfruttatori. Ma se non c’è prostituta e non c’è sfruttatore, che sfruttamento della prostituzione c’è? Minorile, per giunta, dove la minore giura davanti ad un giudice di non avere mai intrattenuto rapporti sessuali con l’imputato.
Una giustizia strana e contorta, quella di oggi, che se regalerà alla stampa e all’opinione pubblica un Berlusconi condannato, non dovrà fare altro che nascondersi per un po’. Con uno come Kabobo ancora a piede libero e almeno un’altra dozzina di criminali accertati ai domiciliari, di quale giustizia stiamo ancora parlando?
Discussione su questo articolo