La conferma, in appello, della condanna di Silvio Berlusconi al processo Mediaset, quella ad un anno nel processo Unipol-Bnl per “concorso morale” alla violazione del segreto e alla sua pubblicazione, quantomeno attraverso il “tacito assenso”, oltre alla piega presa dal processo Ruby, rendono fosco il cielo del Cavaliere, che sin’ora aveva rintuzzato con successo gli attacchi della magistratura ed ora vede che il fortino comincia a cedere, progressivamente.
Il PdL fa quadrato intorno all’ex premier e le sue testate gridano allo scandalo, facendo intendere che se continua ad essere sotto attacco da parte della “magistratura rossa”, il Cavaliere potrebbe decidere di far cadere il governo e di tornare al voto visto che i sondaggi lo collocano in vetta, facendo tremare il Pd che ha trovato una momentanea pace nella stabilità di un governo alla cui testa c’è il suo vicesegretario e che, almeno per 18 mesi, dovrebbe lavorare, indisturbato, alle riforme, soprattutto a quella elettorale, della costituzione (con un possibile semipresidenzialismo alla francese) e sul lavoro.
Il pericolo, avvertono Il Sole e Il Corriere, è duplice: la irritazione ora concitata del Cavaliere ma anche la confusione in seno al Pd, con vari suoi esponenti che paiono cercare una convergenza con la “massa” dei Grillini e la impossibilità di comprendere chi comanda davvero nel partito.
Napolitano, per questo, continua a ricordare l’urgenza di avviare le riforme: si realizzino dei provvedimenti urgenti per lavoro ed economia. Letta ne è consapevole, ma avverte il pericolo: la tensione sottintesa nella coalizione, tanto a destra che a sinistra, rende complicate anche le cose più facili.
La “persecuzione giudiziara” nei confronti di Berlusconi (che deve anche vedersela con i giudici di Salerno circa la compravendita di voti), ma anche l’incertezza nelle file di un Pd sempre più esploso ed atomizzato, rendono l’orizzonte lontano da schiarite.
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