Il Partito Democratico ha presentato nei giorni scorsi la sua proposta di riforma per il voto all’estero, proposta di legge sottoscritta anche dal presidente del Movimento Associativo Italiani all’Estero, On. Ricardo Merlo. Di regole certe per le elezioni oltre confine si parla da anni, fra gli addetti ai lavori, e ormai a tutti è chiaro che l’attuale meccanismo di voto degli italiani nel mondo è una boiata pazzesca. Con il sistema in vigore è facile imbrogliare, mischiare le carte, comprare voti e schede elettorali. Con la proposta presentata dal Pd fare tutto questo sarà più difficile? E come cambierebbe il voto?
La principale novità che abbiamo riscontrato è, a nostro parere, l’inversione dell’opzione, ovvero la creazione di un registro degli elettori al quale i connazionali dovranno iscriversi dimostrando la propria volontà di esercitare il voto. Dunque, i plichi elettorali verrebbero inviati non più a tutti gli iscritti AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), ma solo a coloro che esprimessero in maniera esplicita la volontà di votare. Un passo avanti, questo, certamente: si eviterebbe così di inviare schede elettorali a persone morte, a cittadini che hanno cambiato la propria residenza (al momento dell’iscrizione al registro elettorale verrebbe confermato ed eventualmente aggiornato il proprio indirizzo), a cittadini pronti a vendere il proprio voto, incapaci di vedere nella politica la gestione del bene comune.
In questo modo si metterebbe un freno anche all’attività "collaterale" dei tanti patronati italiani all’estero, che nelle scorse campagne elettorali hanno sempre agito come fabbriche di voti a favore dei propri candidati di riferimento. A dirla tutta, basterebbe che i patronati si organizzassero nel modo giusto – e ne sono capaci! – e lavorassero per fare in modo di registrare i propri iscritti al registro degli elettori: in questo modo si garantirebbero in ogni caso una buona base di voti certi.
Comunque l’inversione dell’opzione ci piace: saranno in meno a votare, ma chi voterà avrà dimostrato di volerlo fare, di tenerci davvero a dire la propria e a esercitare il proprio diritto-dovere di elettore.
Altro aspetto della proposta riguarda la stampa delle schede elettorali in Italia. Fino adesso, infatti, in caso di elezioni, le schede elettorali verrebbero stampate sul territorio, oltre confine. Abbiamo assistito, in passato, a vere e proprie truffe anche per quanto riguarda la stampa delle schede: schede false, taroccate, o stampate in misura maggiore rispetto alle reali necessità e poi sostituite con quelle originali e già votate. Il fatto di stampare in Italia le schede potrebbe dare maggiore garanzia e assicurare così un minimo di sicurezza al voto estero.
Nella proposta dem si fa anche riferimento alla necessità, da parte dell’elettore, di firmare il proprio certificato elettorale "con l’indicazione del numero identificativo del proprio passaporto o della carta d’identità o di un documento d’identità valido rilasciato dal Paese di residenza e riconosciuto dal ministero dell’Interno". Si era parlato in passato di inserire una fotocopia del proprio documento: evidentemente questo processo è stato ritenuto tedioso o difficile da applicare. Siamo curiosi, tuttavia, di capire come, al momento dello scrutinio, potrà essere confermato il numero di passaporto di un determinato elettore. Negli elenchi in possesso degli scrutatori sarà presente? Sarà anche presente il numero del documento straniero? Nel mio caso particolare, ad esempio, gli scrutatori in Italia avranno a disposizione il numero della mia cedula – carta d’identità – dominicana? Domande a cui ci piacerebbe avere una risposta certa.
Ancora: davvero gli scrutatori presteranno la giusta attenzione al numero del documento indicato? Oppure i loro occhi si incroceranno fra migliaia e migliaia di numeri e il loro cervello andrà in tilt? Lo scrutatore, si legge, "verifica la corrispondenza del numero del passaporto o della carta d’identità dell’elettore o del documento d’identità valido rilasciato dal Paese di residenza e riconosciuto dal ministero dell’Interno, inseriti nelle buste, con i dati inseriti nell’elenco". Quell’elenco in cui, si suppone, dovrebbero esserci tutti i dati in questione. Speriamo bene! Abbiamo assistito in passato a quella bolgia infernale che è lo scrutinio del voto estero: gente impreparata, frettolosa, menefreghista, da cui dipende il risultato di un voto che coinvolge milioni di italiani. Mah.
Altra novità: i comitati elettorali. Nulla da dire su questo, ci voleva. Così, recita il testo della proposta di legge che stiamo analizzando, "in occasione di ciascuna tornata elettorale o referendaria, presso gli uffici consolari, sono costituiti appositi comitati elettorali, ai quali compete il controllo di ciascuna delle operazioni previste" in occasione del voto. Uno sguardo attento da parte di coloro che saranno indicati a far parte di questi comitati, potrebbe fare la differenza.
Ultima delle principali novità contenute nella proposta di legge del Pd è quella che riguarda lo spoglio. Non più in un’unica città, come avvenuto finora (a Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma), ma in quattro città italiane diverse. "Presso le Corti di Appello di Roma, Firenze, Milano e Napoli, entro tre giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di convocazione dei comizi elettorali, sono istituiti gli uffici centrali per la circoscrizione Estero". Cosa cambia rispetto a prima? Poco, ci sembra. Qual è la differenza fra una bolgia infernale situata in un unico posto e quattro bolge infernali dislocate in diverse zone della Penisola?
Insomma, la proposta di legge targata Pd ha luci e ombre. Grazie al Cielo sia Pd che MAIE hanno ammesso "tutto può essere migliorato, ma questa è una proposta base su cui poter lavorare". Un inizio, insomma. D’accordo. Cominciamo tutti a spremerci le meningi allora, e comincino a farlo soprattutto coloro che siedono in Parlamento in rappresentanza delle comunità all’estero, perché sul voto degli italiani nel mondo tanto si è detto e si è scritto e sarebbe davvero l’ora di portare a termine un lavoro ben fatto e non un altro pasticcio. Nel frattempo, da parte nostra continuiamo a chiederci perché si continui a non considerare il voto elettronico (come si è fatto per le elezioni dei Comites, del resto: dunque voto elettronico non più un tabù) e perché si continui a scartare l’ipotesi di istituire dei seggi presso i consolati, le ambasciate, gli istituti di cultura o altri luoghi indicati d’accordo con il ministero dell’Interno e con quello degli Esteri. E’ così difficile pensare a un sistema misto, nel quale il connazionale possa avere a disposizione il voto per corrispondenza (migliorato in tutti i suoi aspetti), il voto elettronico e il voto nei seggi? La Francia questo sistema misto lo usa già, e ciascun francese oltre confine sceglie il modo con cui votare. Perché non possiamo farlo anche noi? Cos’ha la Francia che noi non abbiamo, a parte lo champagne e la torre Eiffel?
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