Laura Boldrini, presidente della Camera, intervistata da Repubblica parla, fra le altre cose, della violenza contro le donne: “Non chiamatela, per favore, ‘emergenza’: la violenza contro le donne non è frutto di un raptus. È un fenomeno radicato, strutturale. In breve: culturale. Perciò faremmo meglio a parlare di ‘urgenza’".
Secondo Boldrini l’indipendenza economica "è alla base dell’autonomia; come può, infatti, una donna allontanarsi da una famiglia violenta se non ne ha i mezzi? Nel nostro Paese c’è un problema fondamentale di pari opportunità. Eliminare le differenze di genere è uno degli obiettivi-chiave dell’Europa, che ci richiama a incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro anche attraverso la creazione di più asili e strutture per anziani. Eppure dal rapporto del Forum economico mondiale affiora un’immagine disarmante: in tema di pari opportunità siamo all’ultimo posto nella Ue. La partecipazione al mercato del lavoro è modesta – 46,5% contro il 58,7 – e il divario di genere è fra i più preoccupanti".
Riguardo al gap salariale fra uomo e donna Boldrini non crede che l’indicazione del 6,7% italiano rispetto al 16% della Svezia debba fare esultare: "Macché, bisogna leggere quei dati in controluce, considerare il lavoro nero, la bassa occupazione, le ore di lavoro non retribuito nella giornata di una donna, e sono i due terzi secondo l’Ocse. Arrivo a dire questo: la scarsa presenza femminile nel lavoro è alla base di tutte le disfunzioni: ne risente l’economia, infatti le donne producono di più e questo influenza il Pil secondo la Banca d’Italia; ne soffre l’innovazione perché sono più creative. E così ritorniamo al punto iniziale, perché tutto questo ha riverberi, ancora una volta, sul tema della violenza, con un costo inaccettabile sia etico sia economico: la vittima non può lavorare, non produce; richiede cure mediche, psicologiche, assistenza legale. Sono costi enormi per la società".
Secondo Boldrini "il problema va affrontato a ogni latitudine e direttamente con gli uomini. Servono la sensibilizzazione attraverso associazioni di uomini che parlino ad altri uomini; l’educazione di genere nelle scuole, già avviata; centri di recupero per i violenti. E poi, il Trattato di Istanbul impone la fine degli stereotipi in tutto quel che crea la percezione del femminile, compresi i media, la pubblicità", "siamo un caso unico. Prenda la ricerca di Intervita: si spendono circa 30 milioni di euro al mese in pubblicità per presentare una donna stereotipata, ammiccante o in cucina a lavare piatti, e promuovere ogni prodotto dai cibi alle auto. Gli spot riproducono famiglie e uomini da Anni Sessanta, non corrispondono a quelli che conosco io".