Dopo quasi 60 giorni di detenzione per il possesso illecito delle carte private del Papa, Paolo Gabriele, l’ex aiutante di camera di Benedetto XVI, potrebbe lasciare gia’ domani la cella di sicurezza del Palazzo della Gendarmeria, dove si trova rinchiuso dal 23 maggio scorso. E riabbracciare quindi la moglie e i tre figli, con cui trascorrere gia’ da domenica il primo giorno di liberta’. Potrebbe essere comunicata domani, infatti, la chiusura dell’istruttoria condotta dal giudice Piero Antonio Bonnet, che contestualmente dovrebbe decidere sulla possibile scarcerazione di Gabriele. Seguira’ poi la sentenza con cui il giudice istruttore si pronuncera’ sul destino processuale dell’ex maggiordomo papale, 46 anni, accusato di furto aggravato e finora unico indagato nell’inchiesta sulla fuga di documenti vaticani: o il rinvio a giudizio, con la precisazione dell’imputazione definitiva per un eventuale pubblico dibattimento, o il proscioglimento.
Il primo termine di custodia cautelare, trascorsi i 50 giorni di detenzione, era scaduto il 12 luglio scorso, ma il giudice aveva optato per una proroga ‘di alcuni giorni’ – aveva detto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi -, per il tempo necessario alla chiusura dell’istruttoria formale. In questo frattempo Bonnet, insieme al procuratore di giustizia vaticano Nicola Picardi, doveva raccogliere altre testimonianze, fare le ultime verifiche sui documenti, e infine sottoporre Gabriele a un ultimo interrogatorio, alla presenza degli avvocati difensori Carlo Fusco e Cristiana Arru’. Solo una volta espletati questi adempimenti, ci sarebbe stata la decisione sull’eventuale scarcerazione. Il tutto ‘nell’arco di una decina di giorni’, aveva detto Lombardi proprio il 12 luglio.
A istruttoria conclusa, forse gia’ domani, potrebbe esserci anche una dichiarazione dei legali di Gabriele, che finora, evitando ogni contatto con la stampa se non un comunicato iniziale, si sono limitati a negare – sempre tramite il portavoce della Santa Sede – che il detenuto si trovasse in uno stato di forte disagio psicologico. ‘E’ sereno, trova conforto nella preghiera, in una condizione di salute tranquilla, non preoccupante’, aveva fatto sapere l’avvocato Fusco. Gabriele, comunque, durante l’istruttoria, avrebbe ampiamente collaborato con gli inquirenti, che pero’ – stando almeno a quanto trapelato finora – si sarebbero limitati alle sue personali responsabilita’, senza la ricerca di possibili complici. ‘Non ho mai avuto l’idea che l’indagine fosse su particolari complicita’ – aveva detto Lombardi -. Si’, sono state sentite diverse persone, ma questo non vuol dire che fossero complici dell’indagato’. E fino ai giorni scorsi, sempre secondo il portavoce vaticano, non erano stati ascoltati giornalisti, cioe’ i naturali referenti per la pubblicazione dei documenti finiti sulle pagine di libri e giornali. In ogni caso, nessuna rogatoria era stata chiesta con l’Italia.
Parallelamente, con le ultime audizioni, e’ giunto a conclusione anche il lavoro della Commissione cardinalizia presieduta dal card. Julian Herranz, incaricata dal Papa di far luce sulla fuga di documenti: il rapporto dei tre cardinali (con Herranz ci sono Tomko e De Giorgi) va direttamente nelle mani di Benedetto XVI, che poi ne trarra’ le sue conclusioni.
Il Pontefice, naturalmente, ha l’ultima parola anche per quanto riguarda la vicenda penale: in qualsiasi momento, sia prima che dopo processo e sentenza, per Gabriele potrebbe sempre arrivare un provvedimento di grazia. Se mai si giungera’ a un dibattimento, comunque, sara’ dopo l’estate, non prima di ottobre. E sara’ un processo storico, di risonanza mondiale, in cui l’imputato e’ un maggiordomo ‘infedele’ e la parte lesa e’ niente meno che il Papa.
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