Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, si è dimesso dopo mesi di polemiche e tormenti. Credo che ci sia poco da festeggiare perché Marino – dopo aver fatto di tutto per rendersi antipatico, ad iniziare dalla sua innata arroganza – era però diventato il parafulmini di una situazione insostenibile, che attraversa la destra come la sinistra, in una gestione romana del potere che è inaccettabile.
I sindaci prendono le colpe, ma la burocrazia, i dirigenti, il malaffare, le camarille restano sempre le stesse ed appaiono inossidabili al cambiare del colore politico delle giunte. Il guaio sta quindi nel “sistema” non nella singola persona del sindaco.
Non capisco come lo scandalo romano non abbia coinvolto per esempio anche decine di dirigenti municipali, che sono quelli che poi concretamente decidono e firmano le delibere, guadagnano da 100.000 euro in su all’anno per la loro “professionalità” ma – salvo eccezioni – negli scandali non pagano e non compaiono mai. E’ quindi tutto il sistema romano (e non solo) che è marcio fino al midollo e lo provano la qualità dei servizi, gli sprechi, la cattiva amministrazione ma anche il menefreghismo, la burocrazia, la sporcizia, il degrado umano, sociale e politico della capitale.
Via Marino temo tornerà un altro pupazzo, ma senza che ci sia una vera volontà di far pulizia. Forse un commissariamento ”tecnico” lungo nel tempo – con l’avvio di veri controlli a tappeto e l’azzeramento dei privilegi non dovuti – sarebbe una soluzione, anziché tornare ai giochetti per spartirsi potere e poltrone. Per togliere i privilegi e ridurre gli sprechi indebiti (che coinvolgono migliaia di dipendenti pubblici romani) non ci può essere un politico che deve puntare alla sua elezione, ma persone estranee a questi ruoli e tecnicamente preparate.
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