Secondo quanto emerge dalle stime per il 2015 degli indicatori demografici dell’Istat, lo scorso decennio è stato caratterizzato da cospicui flussi migratori verso l’Italia che hanno rappresentato il prevalente fattore demografico di crescita. Questa tendenza, tuttavia, si sta progressivamente attenuando; per il 2015 si stima un saldo migratorio netto con l’estero di 128 mila unità, corrispondente a un tasso del 2,1 per mille. Tale risultato, appena un quarto di quello conseguito nel 2007 nel momento di massimo storico, è il frutto di 273 mila iscrizioni e 145 mila cancellazioni nelle anagrafi.
L’elemento di sostanziale discontinuità degli ultimi anni è dunque rappresentato da una parziale perdita di attrattività del Paese nei confronti dei migranti internazionali. Rispetto al 2007 le immigrazioni (erano 527 mila) si sono all’incirca dimezzate, mentre le emigrazioni (all’epoca 51 mila) sono quasi triplicate.
La maggior parte dei flussi in ingresso nel Paese (90%) è rappresentata da cittadini stranieri. Le iscrizioni dall’estero di individui di nazionalità straniera risultano, infatti, pari a 245 mila (-1,3% rispetto al 2014), mentre i rientri in patria degli italiani sono 28 mila (-5,6%). Per quanto riguarda le cancellazioni, si stimano 45 mila cancellati stranieri (-4,8% sul 2014), a fronte di circa 100 mila cancellati di cittadinanza italiana (+12,4%).
Riassumendo, dal lato degli ingressi il Paese perde attrattiva sia in relazione ai cittadini stranieri sia riguardo ai propri connazionali. Sul versante delle uscite, invece, aumenta in maniera significativa la quota di italiani che emigrano all’estero. Sono connazionali che scappano da un’Italia che fa paura perché non ha nulla da offrire loro. Un’Italia che spaventa, tanti italiani decidono allora di varcare i confini, di guardare al mondo, di cercare fortuna all’estero. Proprio come fecero i loro nonni e bisnonni anni fa.
Il risultato di tali comportamenti migratori è un saldo migratorio con l’estero, riguardante i soli cittadini italiani, negativo nella misura di 72 mila unità, mentre quello degli stranieri risulta ancora ampiamente positivo nella misura di circa 200 mila unità.
Il saldo migratorio con l’estero risulta ovunque positivo, anche nelle regioni del Mezzogiorno (+1,6 per mille). Tuttavia, esiste, come sempre, una grande variabilità geografica nelle capacità attrattive e repulsive delle varie zone del territorio nazionale rispetto al luogo di dimora abituale da eleggere o da abbandonare. Nelle regioni del Centro (+3,2 per mille) il saldo migratorio con l’estero è all’incirca doppio rispetto al Mezzogiorno, anche perché in tale ripartizione pesa positivamente il contributo del Lazio (+4 per mille). Nel Nord, infine, il saldo migratorio con l’estero è pari al 2 per mille, con valori massimi in Emilia-Romagna (+3 per mille) e Lombardia (+2,3).
COMMENTI Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, commentando questi dati Istat ha detto: “Non sorprendono. Purtroppo non siamo piu’ il Bel Paese da tanti anni". "Abbiamo la pressione fiscale tra le piu’ alte in Europa, piu’ di tre milioni di disoccupati con punte drammatiche in alcune regioni, stipendi e salari troppi bassi per una vita dignitosa, i servizi sociali che stanno paurosamente calando come ha certificato ieri la Corte dei Conti, infrastrutture vecchie e fatiscenti, un livello scandaloso e preoccupante di corruzione, insicurezza nelle citta’ e delinquenza organizzata. Il risultato di tutto questo e’ una sfiducia degli italiani nei confronti del nostro paese, come dimostra anche il livello di scarsi investimenti delle nostre aziende in innovazione, ricerca, formazione". "Ma il problema – fa notare Furlan – non e’ quello di piangersi addosso ma di fare ciascuno la propria parte per favorire la crescita e gli investimenti, attraverso una profonda riforma che deve riguardare l’assetto fiscale, le regole troppe rigide della previdenza, il sistema delle relazioni industriali, la cattiva gestione della pubblica amministrazione, attraverso una maggiore partecipazione dei corpi sociali e dei lavoratori nei luoghi dove si prendono le decisioni".
Interviene anche Susanna Camusso, leader Cgil: "Ogni giorno commentiamo numeri che non cambiano la sostanza ovvero che la disoccupazione giovanile in questo paese e’ cosi’ alta che per una parte di giovani nel nostro paese non c’e’ libera scelta: sono obbligati per dare un seguito ai loro progetti ad emigrare cosi’ come altri si perdono nel lavoro sommerso o nella disoccupazione". "Non e’ una regola che determina i posti di lavoro ma le scelte di politica economica e pubblica – spiega – la deregolamentazione e la riduzione del costo del lavoro non hanno determinato investimenti pubblici e privati". E, conclude, "se non abbiamo una seria politica economica e’ molto complicato immaginare risposte ai problemi che abbiamo".
5 MILIONI STRANIERI RESIDENTI, 8,3% Gli stranieri residenti in Italia all’1 gennaio 2016 sono 5 milioni 54 mila e rappresentano l’8,3% della popolazione residente totale. Rispetto all’1 gennaio 2015 si riscontra un incremento di appena 39 mila unità, con 200 mila unità aggiuntive per effetto delle migrazioni con l’estero e 56 mila unità aggiuntive per effetto della dinamica naturale (63 mila nati stranieri contro oltre 6 mila decessi), 81 mila unità in meno per effetto delle poste migratorie interne e per altri motivi. E’ quanto emerge dalle stime per il 2015 degli indicatori demografici dell’Istat.
Vanno poi considerate 136 mila unità in meno per acquisizioni della cittadinanza italiana, una posta di bilancio che aumenta anno dopo anno (29 mila nel 2005, 66 mila nel 2010) da mettere in relazione al progressivo aumento della popolazione straniera residente. Infine, tra le quote in uscita che riguardano la popolazione straniera è da segnalare la cancellazione per altri motivi (prevalentemente motivi di irreperibilità) di circa 139 mila individui, ossia di soggetti di cui è ragionevole ritenere l’emigrazione dall’Italia in anni precedenti, senza che questi ne abbiano fatto dichiarazione alle anagrafi di appartenenza. Il 59% della popolazione straniera risiede nel Nord e per ben oltre un quinto del totale nella sola Lombardia. Il 25% risiede nel Centro, di cui 640 mila individui nel Lazio, il 16% nel Mezzogiorno, con 233 mila in Campania. Nel Centro-nord l’incidenza di stranieri sulla popolazione complessiva supera ampiamente il 10%, con un massimo del 12,1% in Emilia-Romagna; viceversa nel Mezzogiorno tale quota è del 3,9%, con un minimo del 2,8% in Sardegna.
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