Giorgio Napolitano appone il sigillo quirinalizio sul testo base di riforma elettorale varato ieri a maggioranza dalla Commissione del Senato. Nel giudicare ‘positivo’ il superamento dello stallo politico, il capo dello Stato sottolinea l’esigenza di evitare il ‘ricorso a incentivi e vincoli’ che favoriscono ‘vasti raggruppamenti elettorali di dubbia idoneità a garantire stabilmente il governo del Paese’. Un monito a evitare meccanismi che portino a maggioranze ‘monstre’ che, piu’ volte in passato, si sono dimostrate incapaci di governare.
L’ultima versione della riforma elettorale, archiviando il maggioritario in favore di un sistema proporzionale, sembra tuttavia prefigurare un pareggio elettorale: nessuna forza politica, almeno sulla base dei sondaggi, sarebbe in grado di formare una maggioranza in grado di governare. Ipotesi che aprirebbe la strada al Monti-bis. Ecco perche’, soprattutto nel Pd, qualcuno legge nelle parole di Napolitano la conferma della presunta volonta’ del Colle di veder riconfermato l’attuale presidente del Consiglio. Esito auspicato pubblicamente da Casini e Fini (oltre che da Sergio Marchionne). Ma – almeno formalmente – non da Alfano, ne’ tantomeno da Maroni. Ma la Lega potrebbe vedere nel proporzionale l’unico sistema in grado di garantirle autonomia e rappresentanza; soprattutto se il testo prevedesse una qualche eccezione per la soglia di sbarramento.
Al contempo, sul fronte del Pdl, e’ stato lo stesso Berlusconi a non dirsi affatto contrario alla permanenza di Monti a palazzo Chigi. All’opposto, nonostante lo scontato sostegno di Bersani alle parole del Colle, nel Pd il testo in discussione al Senato continua ad essere visto come il fumo negli occhi. Sondaggi alla mano, al segretario democrat converrebbe il ‘Porcellum’, ma ovviamente non puo’ dirlo. Fare buon viso a cattivo gioco e’ dunque l’unica strada per un Pd che spera di affossare la riforma alla Camera. Magari grazie al dilagante scontento trasversale verso le preferenze o alla instabilita’ che serpeggia nella riedizione dell’alleanza che vinse nel ’94, composta da Udc, Fli, Pdl e Lega.
Se sul fronte della legge elettorale le incognite restano dunque molte, la situazione non appare piu’ nitida su quello della politica economica. La legge di stabilita’ varata dal governo e’ gia’ finita sotto le forche caudine dei partiti. La stagione dei ‘si’ alle misure dei tecnici, con l’approssimarsi delle urne, appare un lontano ricordo e le forze politiche – sempre piu’ ammaccate dai continui scandali – puntano i piedi nella speranza di riguadagnare terreno elettorale. E cosi’ il Pd si scaglia contro i tagli a scuola e sanita’, e arriva a mettere in discussione il cuore del provvedimento (taglio dell’Irpef in cambio dell’aumento dell’Iva) giudicandolo penalizzante per le fasce piu’ deboli. Anche il Pdl minaccia di votare contro se l’esecutivo non fara’ marcia indietro sulla retroattivita’ della sforbiciata sulle deduzioni fiscali. Persino il filo-governativo Casini chiede modifiche che tutelino maggiormente le famiglie.
Parole che pesano come macigni su una manovra che Monti ritiene fondamentale per il rispetto dell’obiettivo del pareggio di bilancio. A maggior ragione se, come ammonisce Grilli, il tempo del rigore e’ tutt’altro che finito. Ma e’ una partita su cui i partiti difficilmente possono cedere, consapevoli del fatto che in fase di crisi e’ al portafogli degli elettori che si deve guardare. Anche perche’ l’onda degli scandali non sembra arrestarsi, come dimostrano le perquisizioni nella sede della regione Basilicata e l’apertura di un fascicolo in Valle d’Aosta. Notizie che spaventano le forze politiche tradizionali come dimostra la volonta’ di Formigoni, frenata pero’ dai vertici del Carroccio, di evitare le urne nel 2013. O di Renata Polverini, anch’essa desiderosa di posticipare il ritorno al voto nonostante il pressing del ministro Cancellieri.
Intanto pero’ gli scandali continuano ad alimentare il vento dell’anti-politica, gonfiando le vele del movimento di Beppe Grillo. Forse consapevole e preoccupato da cio’, Monti avverte sui rischi di ‘generalizzazione nocive’ che rischiano di danneggiare i tanti amministratori onesti che lavorano per il bene della collettivita’.
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