Alla fine, Antonio Ingroia, il procuratore aggiunto diventato uno dei simboli dell’antimafia, lascera’ Palermo. E’ questione di settimane. Il tempo necessario al Csm, che potrebbe pronunciarsi gia’ lunedi’ prossimo, per ratificare il via libera dato oggi dal Guardasigilli al suo collocamento fuori ruolo. Per un anno andra’ in Guatemala a fare il capo dell’unita’ di investigazioni e analisi criminale contro l’impunita’ nel Paese centroamericano.
Un incarico offerto al pm, al centro di roventi polemiche dopo la fuga di notizie sulle intercettazioni delle conversazioni tra il capo dello Stato e l’ex ministro Nicola Mancino, dalle Nazioni Unite.
A Palermo del possibile trasferimento dell’aggiunto di punta del pool antimafia, titolare delle indagini piu’ scottanti sulle collusioni tra i clan e la politica e dell’inchiesta sulla trattativa, si parla ormai da mesi. Un rumor sempre smentito da Ingroia che a giugno scorso, quando circolo’ l’indiscrezione su uno stop della pratica di trasferimento perche’ il Csm non aveva garantito che avrebbe conservato il posto di procuratore aggiunto a Palermo, nego’ seccamente di avere avuto proposte dall’Onu.
Una smentita fatta forse per prudenza visto che gia’ da maggio il magistrato ha informato il ministro della Giustizia di avere ricevuto la proposta di incarico, anticipando l’intenzione di volerla accettare. Dell’offerta, a fine giugno, il Gabinetto di via Arenula e’ stato formalmente informato dalla Farnesina. Ingroia avrebbe chiesto piu’ volte informazioni, anche per iscritto, sulla pratica e il 14 luglio ha fatto arrivare al ministero il suo assenso al collocamento fuori ruolo. Appena tornata dal suo viaggio in Russia il Guardasigilli ha firmato la pratica.
Tutto fatto, dunque. Tanto che il magistrato amato dal popolo antimafia ma anche molto criticato – e’ dei mesi scorsi la polemica sul suo intervento al congresso del Pdci – da parte del mondo politico sta gia’ facendo i bagagli visto che il collocamento fuori ruolo comporta automaticamente la sospensione per il tempo dell’incarico dai ranghi della magistratura. In ufficio in molti l’hanno criticato per il suo presenzialismo e per la gestione delle indagini: come il caso Ciancimino. Il figlio dell’ex sindaco mafioso di palermo, condannato per il riciclaggio del tesoro del padre, diventato, fino al suo arresto per calunnia, una sorta di icona dell’antimafia e in grado di tenere appesa la procura di Palermo alle sue verita’ fornite col contagocce. ‘La proposta la considero una sorta di prosecuzione della mia attivita’ in Italia – ha detto in un’intervista – In quelle latitudini, per fortuna, i giudici antimafia italiani sono apprezzati anziche’ denigrati e ostacolati’.
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