Il calo dei mercati di venerdi’ non e’ stato un episodio sporadico, una piccola nube passeggera sulla corsa dei listini che dura da tempo. Il riflusso degli investitori dai paesi emergenti e’ proseguito e ha provocato ribassi generalizzati e una corsa a beni e attivita’ finanziarie giudicate piu’ sicure come i bund tedeschi e l’oro ma con danni questa volta piu’ contenuti rispetto ai giorni scorsi.
Il premier Enrico Letta e il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni hanno rassicurato sugli effetti per il nostro paese grazie sia a un’eurozona piu’ solida rispetto a qualche mese fa che a un ‘raffreddamento’ degli spread che consente di finanziarsi a un tasso del 2%. L’innesco delle vendite generalizzate sui listini e’ certamente una nuova stretta, oramai pressoche’ certa, delle misure di stimolo della Fed mercoledi’, la quale ridurra’ il mare di liquidita’ che ha inondato il mondo. Una correzione simile a quella vista in maggio con la prima decisione di Washington ma aggravata, questa volta, da una serie di scontri interni e destabilizzanti che investono tre paesi in maniera virulenta: Ucraina, Turchia e Thailandia. A queste si aggiunge la situazione dell’Argentina dove i nodi lasciati irrisolti dal governo (altissima inflazione, collasso delle riserve della banca centrale e politica monetaria espansiva a fronte di deficit) sono giunti al pettine in tutta la loro virulenza.
Il cocktail ha cosi’ investito i mercati dei paesi sviluppati a partire sin dalla notte Tokyo (-2,51%). L’Europa, che faticosamente sta uscendo dalla sua fase peggiore di crisi come mostra il buon dato dell’Ifo tedesco, e’ riuscita tutto sommato a contenere i danni con ribassi intorno al mezzo punto percentuale. Milano (-0,44). Parigi (-0,41%) Francoforte (-0,46%). In ribasso anche Wall Street. "C’e’ preoccupazione" per quanto sta accadendo in Argentina – ha affermato il premier Letta – ma se questa situazione "fosse scoppiata un anno fa oggi saremmo in un’altra situazione di preoccupazione. Oggi c’e’ una Ue piu’ solida, un euro piu’ solido". Certo Italia e la Spagna (Madrid ha accusato un calo dell’1,12%) hanno diverse aziende e interessi nel paese sudamericano ma tutto sommato il danno e’ circoscrivibile.
A Buenos Aires il governo, facendo dietrofront rispetto alla politica eterodossa seguita fin qui, ha svalutato venerdi’ il cambio ufficiale a 8 pesos per dollaro in modo da limitare il salasso delle riserve della banca centrale. Ma la misura non e’ riuscita a realizzare la convergenza sperata con il dollaro ‘blue’ parallelo che e’ rischizzato oggi a 12,25. Anche la parziale liberalizzazione dell’acquisto di dollari per i privati e il calo della loro tassazione decisi in fretta e in furia appare viziata da un meccanismo burocratico farraginoso e che permette acquisti solo a coloro con una soglia di reddito piu’ elevata. Tutte misure che, secondo l’agenzia Mooddy’s, gli analisti e gli esperti (tranne gli eterodossi vicini al governo) servono solo come palliativo in assenza di un piano complessivo che veda si’ un rialzo dei tassi di interesse ma anche una stretta alle spese di bilancio e un rientro del paese sul mercato dei capitali, bloccato dai tempi del default. Misure che pero’ hanno un costo ”politico” per un governo dove il ministro dell’economia Alex Kiciloff porta avanti la linea dell’intransigenza e parla apertamente di attacchi speculativi.
Anche in Turchia il mercato spinge per un rialzo dei tassi che corregga gli squilibri su cambi e bilancia commerciale. Fino a ora la banca centrale aveva ascoltato le richieste del governo di mantenere una politica espansiva. L’esecutivo di Erodgan e’ ora pero’, alle prese con uno scandalo giudiziario di vaste proporzioni e appare indebolito, Domani una riunione d’urgenza dovrebbe cosi’ dare il via libera a una stretta monetaria per cercare di limitare il tracollo della lira finita ai minimi sul dollaro.
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