Il mondo in Italia. A lezione di cucina. Diciottomila corsi nel 2013, ai fornelli i migliori chef italiani, le cucine come banchi di scuola. Un autentico boom, 134 milioni di euro il fatturato realizzato lo scorso anno. Entusiasmanti le previsioni per il 2014, la stima è di 900.000 mila discenti per un fatturato di 160 milioni, secondo le anticipazioni del Centro di studi sul turismo JFC. In cucina siamo capaci di dare il meglio di noi, e questa virtù viene riconosciuta agli chef italiani in ogni angolo del pianeta. I cinesi, raccontano i cuochi maestri e professori, sono gli allievi che ci mettono più attenzione. Entusiasti al massimo gli scandinavi, conquistati dai sapori delle verdure e dagli odori. Gli americani no, eterni fanciulloni anche in cucina, vengono e partecipano ai corsi perché, per loro, il fare da mangiare italiano è moda. Si divertono, inconsapevoli del fatto che la cultura culinaria è tutta un’altra cosa.
La scuola è strutturata in modo da raggiungere il coinvolgimento intenso, massimale. Materie d’insegnamento, a beneficio degli stranieri, le ricette e i prodotti della cucina italiana, così come le ricette della nostra cucina regionale.
Il corso base dura tre giorni. Il primo è dedicato alla spesa, un’arte anche questa, la prima arte, la base di tutto. La scelta della qualità della materia prima è fondamentale in cucina. Due ore al mercato: gli allievi stranieri prendono così conoscenza del territorio e della stagionalità. Il secondo giorno viene interamente dedicato alla cucina del ristorante. Il menù, la trasformazione dei prodotti, la scoperta dei trucchi del mestiere. La terza edizione si focalizza sugli assaggi. Tutti a tavola, per gustare quello che maestri e allievi hanno preparato. Pane, grissini, e undici piatti, dagli stuzzichini ai dolci. Pasta e gelato le ricette cult. Intorno al tavolo, il mondo. Arrivano da tutte le parti e chiedono di conoscere i segreti degli inimitabili sapori italiani.
Mezza giornata di lezione costa 75 euro. Una giornata intera 115. Per la full immersion, 11 giorni pieni, si pagano 1.780 euro. Cinque i Paesi di provenienza più presenti degli altri a Cucina Italia: Stati Uniti 23,9%, Germania 21,2%, Gran Bretagna 13,3%, Russia 8,3%, Canadà 5,6%.
La degustazione dei prodotti locali prevede anche visite alle cantine, ai mercati, ai luoghi di produzione, alla vendemmia e alla ricerca del tartufo. I territori più richiesti dai corsisti internazionali sono identificabili al nord e al centro dell’Italia. Le Langhe, Lodi, Mantova, Bologna, Parma. Alla scoperta delle prelibatezze e delle eccellenze italiane: il tartufo, i vini, i bolliti, il Parmigiano Reggiano, il prosciutto di Langhirano, culatello, Sangiovese, Lambrusco. E anche Firenze, Siena, Arezzo. La bistecca alla fiorentina di carne Chianina, il cinghiale, i sughi, i tortelli, il prosciutto di Cinta senese, il lardo di Colonnata, il pecorino. Infine Perugia e Assisi e l’Umbria in generale. Là dove forte suonano buona cucina e buon gusto.
Cuochi stranieri senza qualità, donne e uomini, al termine della full immersion nella cucina italiana, tornano a casa cuochi di qualità. Veri chef, con tanto di cappello. Significativo e illuminante il caso del giapponese a lungo allievo di Alfonso e Lidia Iaccarino, famosi ristoratori di Sant’Agata dei due Golfi, sopra Sorrento. La lunga lezione del maestro Iaccarino ha consentito al giapponese di aprire a Tokyo un ristorante di successo, il numero 1 in città, ‘O sole mio’, in onore appunto di Don Alfonso.
I frequentatori dei corsi non sono tutti necessariamente cuochi o aspiranti cuochi. La frequentazione è aperta anche a turisti comuni. Gente di tutto il mondo che allunga la propria vacanza pur di apprendere i segreti della lasagna. Il maggior numero di richieste riguarda i piatti classici della tradizione italiana: pasta al forno, pasta al sugo di pomodoro, trenette al pesto, trofie al sugo di noci, alla genovese, pasta in tutti i modi, e il pane, la pizza e la focaccia. Piatti preparati con materie di qualità e con prodotti a chilometro zero. Il gelato artigianale è richiesto in ogni stagione. Inverno compreso, certo.
In Emilia si trova la scuola “Casa Artusi”. Una casa italiana, un’aula didattica con 20 postazioni attrezzate, dove si spiega come cucinare in modo semplice, con poche cose. Molti studenti chiedono di più, vogliono di più: corsi su misura, personalizzati. A Roma la “CookingdayinRome” è gestita è gestita da David Sgueglia della Marra. “Sono diventato professionista alla Federazione italiana cuochi.
Ai miei allievi propongo una mattinata completa. Incontro al Pantheon, per un caffè, poi scegliamo insieme le materie prime al mercato di Campo dei Fiori. Andiamo nella mia casa laboratorio dove insegno come si prepara un pasto completo, dal primo al dolce. Pranziamo tutti insieme, istruttore e allievi”. Gli aspiranti cuochi tornano a frotte in Italia. Ma con una prospettiva diversa, nuova: la frequentazione di un corso professionale. A quel punto, il pranzo all’italiana è servito e pure lo chef ha imparato in Italia.
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